Viviamo in tre mondi diversi

Viviamo in tre mondi diversi. Sì, ormai da mesi viviamo in tre mondi diversi e ben separati l’uno dall’altro.

Il primo mondo è quello degli ospedali, l’inferno delle corsie, del pronto soccorso, delle ambulanze e dei malati intubati in attesa dei tamponi, di quelli in terapia intensiva che una volta entrati non sanno quando e se ne usciranno, dei familiari che non rivedranno per mesi e dei medici e infermieri che lavorano 24 ore su 24, senza sosta, senza respiro.

Il secondo mondo è quello delle strade. Vuote, con le serrande dei negozi abbassate, poche persone con in mano le buste della spesa o il guinzaglio del cane. Strade d’inverno, perché quando tutto è cominciato faceva ancora freddo, che si sono trasformate in strade di primavera, con gli alberi di pesco pieni di fiori e il polline che vola in aria.

Il terzo mondo è quello dei social, delle pizze fatte in casa il sabato sera, dei dolci impastati per colazione, delle storie su Instagram e dei post su Facebook. È il mondo più allegro dei tre perché è stato costruito dentro le case delle persone – luoghi di salvezza del corpo e dell’anima. Anche se non sempre. È il mondo del sovraffollamento di opinioni su tutto: decreti, mascherine, cibo, supermercati, runner e chi più ne ha più ne metta.

In questi mesi, questi tre mondi così diversi si sono intrecciati, abbracciati. I social hanno raccontato le storie di chi vive nel primo mondo, quello della sanità e dei pazienti Covid, con fotografie e testimonianze di chi combatte da tempo in trincea, ma anche di chi vive nel secondo mondo quello delle strade, dei negozi, dei commercianti che non lavorano più.

Inutile dire, ancora, quanto questo periodo ci abbia cambiato e continui a cambiarci ogni giorno. Sì, perché questa esperienza collettiva ha messo a dura prova la resistenza di ognuno di noi, chi più e chi meno. E continuerà a farlo nei mesi – forse negli anni – a venire. Nulla sarà più come prima, anche se ne usciremo. Perché nessuno di noi, prima d’ora aveva vissuto una situazione talmente straordinaria.

Oggi, 4 maggio, inizia la fase 2 e fuori c’è il sole di una primavera che non si arresta e scoppia dappertutto, nonostante tutto. Oggi è una bella giornata se ci guardiamo alle spalle e osserviamo quello che abbiamo affrontato. Oggi è il primo giorno della ripartenza economica e sociale ma anche emotiva del paese. Un paese che è rimasto fermo, immobile, bloccato per due mesi e che ha dovuto reinventare tutte le convinzioni su cui forse si fondava. Un paese che si è trovato catapultato da Sanremo ad una pandemia globale nel giro di una settimana e ha, forse, pensato di poter affrontare la situazione allo stesso modo e invece si è reso conto, ben presto, che così non poteva essere e che sarebbe servito un vero impegno collettivo per uscirne.

Oggi, 4 maggio, la nostra è un’Italia diversa perché ognuno di noi è diverso. Non abbiamo idea di come sarà la normalità a partire da ora. Dobbiamo abituarci ad una nuova quotidianità, questo lo abbiamo capito tutti. Dobbiamo abituarci a nuove consapevolezze e nuove responsabilità. Ma dobbiamo anche abituarci – e forse lo stiamo già facendo – a nuove valorizzazioni, nuove potenzialità e nuove opportunità.

In questi mesi, la solidarietà di aziende, cittadini, associazioni e personale medico è stata la vera forza motrice per un paese che stava soffrendo ma che aveva voglia di farcela e riprendersi quella normalità tanto sottovalutata, quanto adorata e ri-agognata. Tutto quello che serve, forse, è una bella porzione di fiducia e tanto, tanto lavoro per rimettere in sesto le proprie vite.

Oggi, 4 maggio, viviamo in tre mondi diversi e forse ci vivremo ancora per un bel po’. Ma i mondi, talvolta, sono fatti per incontrarsi e dar vita a qualcosa di bello. Le storie di chi ha lottato, le esperienze di chi ce l’ha fatta e credeva di non farcela, le memorie di chi non è riuscito a farcela, le immagini alla Tv, le dirette di Conte, le pecche e le toppe di un paese, le mancanze e le presenze di quegli “affetti stabili” che abbiamo guardato solo tramite uno schermo per sessanta giorni, la spesa una volta a settimana, i bambini che sono nati e quelli che aspettano di nascere, i libri, i computer, i giochi, le serie tv, la didattica a distanza, gli aiuti e i consigli da lontano: tutto quello che è stato raccontato non verrà dimenticato mai.

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