Un viaggio a due velocità quello che ci proietta a domenica 26 gennaio: da una parte l’Emilia-Romagna, dall’altra la Calabria. Doppio confronto regionale, differenti i propositi, differenti le attese. Da un lato la regione traino, dall’altro la regione zavorra. Se i riflettori sull’Emilia sono accesi da più di tre mesi, sulla Calabria regna un sentimento di penombra e distacco.
Testate nazionali e chilometriche trasmissioni televisive pongono l’accento sulla sfida emiliano-romagnola, banco di prova vitale per la tenuta dell’esecutivo giallorosso – al netto di sostanziali differenze di vedute interne, focolai di scissione e ansie da rinnovamento – e primo reale check point da raggiungere per inoltrarsi quantomeno in una primavera di dialogo. Sappiamo tutto – o quasi – della disputa Bonaccini – Borgonzoni consultando freneticamente i sondaggi, sommersi dalle sciabolate propagandistiche provenienti da entrambe le “social-fazioni”. Cosa sappiamo invece del vento che spira nell’eterna terra di mezzo, cartina al tornasole di un meridione che arranca?
Anche in Calabria – regina violentata del novecento, fra latifondi ed ecomostri – si respira l’aria di un risicato vis-à-vis fra centrodestra e centrosinistra, sintomo di un ritrovata polarizzazione e di un ruolo sempre più marginale per il M5S. L’uomo forte del Pd è l’imprenditore – re del tonno – Pippo Callipo, la candidata di centrodestra è invece la deputata forzista Jole Santelli, più defilati Carlo Tansi – esponente di lista civica – e Francesco Aiello, professore universitario che batte bandiera pentastellata.
Fratture disegnate in percentuali separano idealmente la Sila dal Mare Nostrum, sono appena due i punti che sminuzzano le distanze fra PD e FI. Stando ai sondaggi le intenzioni di voto sembrano avere valenza prettamente geografica: il metronomo dell’ampia provincia cosentina pende a destra, nel reggino invece il consenso è orientato verso il quadrante di centrosinistra della scacchiera. Equilibri instabili di un territorio certamente non facile da interpretare.
Nuovi “vecchi” volti di una destra che tende a coprire col fondotinta le sempre più sottili venature liberali: la Santelli, appunto, conta sulla solida spalla di Lega e FDI. Carreggiata opposta per un PD che, pur tendente all’eredità elettorale di un substrato centrista, si crogiola nelle dinamiche del voto utile di chi, turandosi il naso, desidera arginare le destre. La figura di Callipo (subentra all’uscente Oliverio che ha rinunciato alla ricandidatura) poggia sulle fondamenta di un partito già vecchio che, pur di tornare a rappresentare il malcontento della sinistra orfana di ogni riferimento, medita il cambio di sigla – si spera anche di uomini – entro primavera.
La disputa, di esito tutt’altro che scontato, è in bilico. Unico risultato certo è rappresentato dall’ennesima spaccatura interna alle realtà locali. Da un versante il vento populista che, per il palato delle masse, coltiva smanie di rinnovamento senza la benché minima pianificazione. Dall’altro la volontà di mantenere salde le redini di un elettorato che, tutto sommato, perde consistenza. Continua a frammentarsi in miriadi di elettroni che cercano orbite ben più radicali. Sta di fatto che i toni alti utilizzati per altri campanili nazionali – il clamore mediatico che circonda l’Emilia Romagna appunto – sembrano non lambire le preoccupazioni di un elettorato, quello calabrese, relegato d’ufficio in Serie B.
Siamo dubbiosi del fatto che un’eventuale vittoria di FI possa smuovere più di qualche tweet “governativo”, siamo ancor più dubbiosi che il centrodestra sia in grado di aprire un ciclo programmatico. Al contrario, un’affermazione del PD- utile ad arginare l’avanzata sovranista appena di qualche metro – altro non farebbe che prolungare l’agonia di una terra che, nelle sue sterminate anomalie, è da decenni assuefatta ad ogni sfumatura di un colpevole silenzio mediatico.