Sovranisti in trincea, nausea in plancia di comando

“Coltivando tranquilla
l’orribile varietà
delle proprie superbie
la maggioranza sta
come una malattia,
come una sfortuna,
come un’anestesia,
come un’abitudine”
.

Tutto riconduce ai versi di De André, unica cura di consapevolezza attraverso cui ci si appresta a dipanare scenari mutevoli, fomentati da interpreti tanto possenti quanto vigliacchi. Vociante rappresentanza di tutte le pochezze del globo: da Trump a Johnson, passando per Bolsonaro. L’esercito dei nuovi negazionisti viene rinfocolato, volta per volta, da dichiarazioni che spesso si prestano a nuove e più violente misure liberticide. Negare tutto e il contrario di tutto, strade intraprese con foga, a cavalcioni di un tripudio che ricorda il vortice, sontuosamente maledetto, degli anni ’30. Il tridente delle meraviglie – male assortito perché composto da tre esterni, o estremi, destri – squarcia ed ottenebra il contingente difensivo delle disumane coscienze. In ordine sparso: Trump, Johnson (con la capigliatura presa in prestito dal “Polendina” di Collodi) e Bolsonaro, distanti ma uniti nel corrodere i blocchi democratici con denti da roditori affamati e il cipiglio da bruschi carcerieri delle libertà. La simbologia del terrore irrompe, mostruosa, nei suoi spasmi totalitari: un muro – in funzione anti-messicana – di carattere tardo-medievale, la dissoluzione di ogni ponte salmastro attraverso i cannoni della Brexit, i fuochi amazzonici e i destini degli indigeni gestiti con estremo disprezzo. Diritti calpestati, trattati alla stregua di scarafaggi, mentre il sole di un fosco avvenire ha il suono di un rantolo comune che, inarrestabile, dalle piazze agli algoritmi imbruttisce i connotati dell’uomo comune. Derive totali navigate su imbarcazioni di fortuna, intanto le minoranze soccombono e le fughe verso l’occidente delle illusioni vengono tarpate dopo tanti passi e tanto sangue versato. Un universo di storture declinato nell’ossessiva negazione degli eventi, cascate gutturali votate al destabilizzare l’uditorio – orfano di sinapsi – infangando il tutto, svilendolo (che siano cambiamenti climatici o verità silenziate poco cambia).

Succede così che anche l’incalzare del Covid-19 venga analizzato dai fronti sovranisti attraverso tre passaggi fondamentali: minimizzare, esorcizzare, applicare restrizioni. Regno Unito, Stati Uniti e Brasile, il percorso è pressoché identico, la differenza la fanno esilaranti sfumature antropologiche. Boris Johnson si affida all’immunità di gregge proferendo discorsi agghiaccianti, prospettando che il Paese si prepari a “perdere persone care prematuramente”. Lapalissiano perciò che anche i membri reali – non più ragazzini – toccando ferro decidano di pararsi il “real fondoschiena” spostandosi dalla capitale londinese per riparare in aperta campagna. Risponde Trump predicando calma dal bunker della Casa Bianca (mentre NHL, NBA, NFL e MLS sospendono i campionati) e il pacifico popolo a stelle e strisce come reagisce? Mettendosi in fila davanti ai negozi di armi. È risaputo, infatti, che quando il coronavirus incontra un suprematista con l’Ak-47, il coronavirus si prostra pregando d’essere risparmiato. So che difficilmente ci crederete ma – giuro anch’io sul cuore immacolato della Vergine Maria (tanto va di moda) – è vero. Nella patria del futebol il Presidente Bolsonaro nicchia per abitudine – il disastro amazzonico dei mesi scorsi, in fondo, era un barbecue voluto da Dio – e pare abbia contratto il morbo ma, invece di affidarsi al parere di virologi ed esperti, preferisce fare il gesto dell’ombrello in diretta televisiva. Uno “sciò sciò ciucciuè” in salsa verde-oro.

L’Oms, ufficializzando la psicosi generale, ha tradotto l’epidemia in pandemia. Il coronavirus non si cura delle barriere, dei check-point e – quasi sicuramente – ignora i trattati di Schengen, eppure ora anche l’Europa si abbevera al calice della paura. Accade così che tutte le chiusure adottate contro l’Italia ora si ritorcano contro e, come nei confronti di un esame di maturità affrontato senza aver sfogliato libro, ci si affida ad un convulso copia e incolla di decreti e normative. Lo stesso Macron, President de la République Français, ordina la serrata e i cittadini francesi, seguendo pedissequamente la regola del “tutto il mondo è paese”, assaltano i convogli ferroviari preparandosi alla fuga. Intanto le altre nazioni hanno iniziato il conteggio dei casi, mesta consuetudine del giorno che muore. Una battaglia senza armature in ghisa, ma plotoni di cavalieri al galoppo fra corsie di ospedali e nuovi lazzaretti, bardati di mascherine (quasi mai idonee alla situazione) e guanti in lattice. Ora per ora vengono sciorinati cocenti bollettini di guerra, senza ombra di trincee né colpi d’arma da fuoco.

E intanto il PD? No, sto scherzando. Parlateci di Bibbiano? Neanche.

Che aria si respira nello stivale ormai blindato? Il 159esimo anniversario dell’Italia Unita viene bagnato dai decreti più sofferti della storia repubblicana che, però, cozzano con le cattive abitudini degli italiani. Inosservanze e sciacallaggio alla massima potenza. Le opposizioni: pecore in aula, leoni in 16:9 starnazzano contromisure per ordire famelici colpi di stato che si trasformano, al più, in “vaiassate” da social. I cingoli di una militarizzazione dai tratti balcanici si stagliano fra le trame di un orizzonte ancora una volta incerto. Paura, disamore e morte ai tempi del Covid-19.

#chiuderetutto. Chiudiamo oggi per ripartire, sani, domani.

Il numero degli hashtag aumenta vertiginosamente, di pari passo coi contagi, ma il capitano comincia ad imbarcare acqua dalla stiva dei consensi. Il Matteo nazional-popolare – quello col grugno, la barbetta e la fame ossessivo-compulsiva – in totale crisi d’astinenza da sagre del brasato e affini è stato beccato a passeggio con la fidanzatina sottobraccio per la centralissima Via del Tritone a Roma, a suo dire per fare la spesa. Cosa ti aspetti, del resto, da chi si ritiene al di sopra delle normative barcamenandosi fra piattaforme amiche e immunità parlamentari. La Giorgina Meloni, nazionalista d’acciaio, strepita e trama pescando a piene mani dai torrenti populisti pur senza proporre nulla di concreto, stridenti incompiutezze sillabate al balcone. E l’istrionico Silvio? Cosa combina? Dall’esilio di Nizza – bene ha fatto a levare l’ancora, considerata l’età – dona 10 milioni di euro alla sanità lombarda. Gesto nobile, è vero. Ma dobbiamo davvero spolverare faldoni di sentenze per ricordare quanti sono, invece, i milioni evasi di fronte al fisco?

Impressioni di marzo, il mese più volubile stando agli adagi della tradizione contadina. Le leggi del “tweet”, del “post” e della “shitstorm” parlano chiaro, è inutile girarci intorno, tutto il male perpetrato tornerà a bussare più forte alla mensa di ipocriti e guerrafondai.

L’arma più affilata che abbiamo per ora è lo “screenshot”, residuale forma di Democrazia. Tristezza e impotenza. Sipario.

Riproduzione riservata ©