Detenuti armati sui tetti a Fuorni, sei morti nel penitenziario di Modena, due agenti sequestrati a Pavia, evasioni a Foggia, fiamme al carcere di San Vittore, a Milano e a Regina Coeli, a Roma. Somiglia molto all’apocalisse. Eppure non lo è. Forse.
Gli ultimi giorni hanno visto susseguirsi numerose rivolte nelle carceri italiane, in tutto si contano circa 28 proteste in tutt’Italia. Il motivo? La sospensione delle visite dei parenti a causa della situazione emergenziale provocata dalla diffusione del Coronavirus e la paura del contagio, date le condizioni di alta densità in cui vivono i detenuti.
“Se abbiamo imparato che in generale non si muore per il coronavirus, ma con il coronavirus, possiamo affermare senza tema di smentita che le tensioni, le disfunzioni e le pesantissime criticità del sistema carcerario non si manifestano per il coronavirus, ma con il coronavirus”. Queste le dure parole del segretario nazionale UilPa polizia penitenziaria, Gennarino de Fazio, riportate da Salerno Today.
In una situazione di caos generale come quella che stiamo vivendo, per quanto riguarda le carceri è assolutamente necessario prevedere una task force per far fronte a tutte le eventuali emergenze specifiche che investono non solo la questione della densità detentiva all’interno dei penitenziari, ma anche le condizioni dell’organico, della Polizia Penitenziaria e degli altri operatori che vi lavorano all’interno.
Spaventa quello che sta accadendo e spaventano soprattutto le conseguenze di una situazione che sta mettendo la nostra Italia – e tutto il mondo – in ginocchio. Ogni giorno di più. Non sembra arrestarsi, infatti, l’emergenza che, anzi, sta bloccando tutti i settori dell’economia e tutti gli ambiti professionali, nessuno escluso. E la situazione delle carceri è solo uno degli aspetti a cui prestare attenzione in questi giorni.
Ma come sono le condizioni nelle carceri italiane? Nel 2018, si contano 58.087 detenuti a fronte di una capacità totale di 50.517 posti. Per ottenere l’indice di densità detentiva, bisogna dividere il numero di persone per il totale dei posti e poi moltiplicarlo per 100. Nel caso italiano parliamo di un numero pari a 115. Si parla di sovraffollamento quando la densità detentiva supera il 100.
Alcuni chiedono l’amnistia. E mentre il Pd propone i domiciliari per quei detenuti che hanno ancora pochi mesi da scontare, Giorgia Meloni rivolge la sua attenzione agli agenti della Polizia Penitenziaria e chiede “subito un tavolo di emergenza nazionale”.
Umanamente, certo, togliere i colloqui ai detenuti è come privarli di un altro pezzo di libertà. Eppure, esattamente come accade all’esterno, anche all’interno delle carceri è necessario prendere decisioni talvolta drastiche, ma necessarie.
Così come per le strade stiamo assistendo ad una gogna pubblica – prima rivolta ai cinesi e ora agli italiani contagiati, come la professoressa di Agropoli che ha acquisito il ruolo di “untore” negli ultimi giorni – se si verificassero contagi all’interno delle carceri le conseguenze sarebbero altrettanto pesanti, o anche peggiori. Le violenze aumenterebbero inevitabilmente e la situazione diventerebbe ancor più ingestibile di quella che è ora.
L’unico appello che si può fare, in questo momento, è quello alla lucidità. Osservare le cose con lucidità e calma è necessario, non si può fare altrimenti, ed è l’unico modo per affrontare questo difficile momento.