Ugo Marano nasce a Capriglia di Pellezzano (SA), ma ha vissuto gran parte della sua vita a Cetara, cittadina della Costiera Amalfitana. Compiuti gli studi all’Accademia del Disegno presso la Reverenda Fabbrica di San Pietro nella città del Vaticano e all’Accademia del Nudo di Ravenna, collabora nel 1946 alla scenografia del film di Mario Chiari “Caso di Pazzia”, dal 1966 al 1972 lavora con i ceramisti di Vietri, frequentando la manifattura ceramica vietrese Ri.Fa. di Matteo Rispoli, dove inaugura il progetto “Museo Vivo” al fine di modernizzare la produzione ceramica.
Agli inizi degli anni ’70 avvia le prime esposizioni tra Roma, Caserta e Gubbio sviluppando una forte passione per la ceramica e per l’arte vascolare. Proprio in questi anni abbandona definitivamente il concetto di oggettività della ceramica e considera la realizzazione dell’opera quasi esclusivamente come elemento comportamentale facendo così dell’argilla strumento espressivo più versatile a sua disposizione.
“La ceramica è stata la vera madre tollerante dell’uomo.
L’ha accompagnato nei suoi gesti importanti, d’avanguardia amica.
E’ stata sua compagna dall’inizio, dal principio. Ha modellato la sua mente, rendendola plastica e amorosa.
Ha consigliato carezze e insegnato abbracci marini, come fiume silenzioso delle mani di uomo, bambino, sposo, vecchio.
Ha plasmato mattoni per case forti, modellato coppi e tegole per assicurarci sonni tranquilli, pavimentato con allegria la terra di casa.
Ci ha donato coppe dolci come mammelle di madri e bicchieri freschi per bocche di fuoco.
Ha assicurato l’acqua, l’olio, il vino, il grano e tutto il possibile in vasi madri.
Cosa dire poi de concavi chiamati piatti?
Cosa dire dei vasi per i vivi e per i morti?
Cosa dire dell’Apollo di Veio?
Dei coniugi etruschi di terracotta cosa dire? Cosa dire del cripto esercito cinese per secoli padrone dei silenzi?
Alla luce del mondo nuovo, cosa dire o non dire?
Solo il ceramista sa.
Ceramista solo conosce.”
Ugo Marano è un artista eclettico, una figura eccentrica, rivoluzionario del modo comune e tradizionale di intendere l’arte della ceramica e come lui stesso era solito autodefinirsi “artista-radical-concettuale-utopico”.
La sua arte complessa, però, sembra essere stata dimenticata dalla città di Salerno. Non tutti, infatti, sono al corrente del fatto che in varie zone della città sono presenti alcune sedute in ceramica e dovunque le loro condizioni non sono delle migliori. Ci si trova davanti ad un patrimonio culturale deturpato da graffiti, scritte a pennarello e soprattutto non valorizzato in quanto arte.
Di fronte la Chiesa di San Pietro in Camerellis, ad esempio, quella che sarebbe dovuta essere una fontana è attualmente un’aiuola imbrattata da scritte e con mattonelle del tutto rovinate.
La traversa De Vicariis, di fronte al Tribunale di Salerno, zona in cui sorge un noto locale salernitano, è altro punto in cui sono presenti le sedute in ceramica di Marano, dalla fine degli anni’90 a disposizione della città ma non valorizzate in quanto prodotto artistico.
Tali panchine, a differenza delle altre presenti in zona, sono state realizzate con mattonelle in serie e artigianali. Ma ciò sembra non interessare assolutamente i cittadini. Le panchine in ceramica nella traversa De Vicariis, infatti, vengono utilizzate per fermare gli ombrelloni del ristorante o come appoggio per i clienti. Tale patrimonio artistico è stato, insomma, monopolizzato dall’attività commerciale, molte volte impedendo perfino il passaggio per la traversa in quanto chiuso o spesso occupato.
È dunque vero che chi non apprezza l’arte di Ugo Marano è perché non ne ha compreso la complessità, ma d’altro canto c’è chi invece la comprende benissimo, sfruttandola per attività commerciali e monopolizzandone gli usi e la diffusione comune.