Salernitana, l’alba di un nuovo 10 maggio

Era il 10 maggio del 1998 quando, in un Arechi stracolmo e tinto di granata, gli uomini di Delio Rossi conquistarono la promozione in massima serie, attesa per ben 50 anni. Era all’Adriatico di Pescara dove, al termine del campionato cadetto 90-91, la Salernitana si arrese al gol di Marulla soccombendo al Cosenza nello spareggio per non retrocedere. Nella ruota del calcio, che gira o che, più propriamente, rotola, la Salernitana può chiudere un cerchio.

Non una vigilia serena, quella del match odierno. La vile aggressione ai danni della figlia del tecnico del Pescara è stata una pagina buia di questa marcia di avvicinamento della Salernitana alla massima serie. Così come ripetutamente avvenuto in passato, non ha nulla a che vedere con il calcio, con la città o con la tifoseria. E il suono stucchevole prodotto dalle generalizzazioni non merita più nemmeno un ascolto funzionale alla critica. L’episodio di cui è stata vittima la giovane è il segno del degrado civile, culturale e sociale di singoli individui. Saranno gli inquirenti a stabilire la dinamica e la gravità dei fatti. Ma la condanna è stata unanime e decisa: sindaco, società civile, la Salernitana e i suoi tifosi. Tutto l’ambiente ha manifestato solidarietà e ha stigmatizzato i comportamenti intimidatori e offensivi.

Oltre alle facili retoriche sprecate sulla stampa nazionale (particolarmente irritante l’opinionismo sportivo da Processo di Biscardi 2.0 in onda su Rai Sport), sulla vicenda ha speculato il Pescara Calcio, probabilmente per distogliere l’attenzione dalla seconda retrocessione sul campo consecutiva. E con il chiaro intento di avvelenare il clima in vista di una gara che rischia di incoronare una rivale storica sul proprio campo. Un atteggiamento penoso culminato con la volontà di sospendere gli accrediti per i giornalisti salernitani, decisione poi parzialmente rivista dopo l’intervento dei gruppi regionali dell’Ussi Abruzzo e Campania.

Ma la vigilia è stata anche attraversata da un moto di commozione per la scomparsa di Fulvio De Maio, uno dei calciatori che meglio hanno interpretato l’attaccamento alla maglia granata per tutta la vita. E personaggio popolare, apprezzato dai tifosi anche in veste di opinionista per quel suo modo di fare schietto, amabile e talvolta goliardico. I granata scenderanno con il lutto al braccio per onorare una delle sue bandiere. All’alba di un nuovo 10 maggio, tra scaramanzia e coinvolgimento emotivo, la città rivolge uno sguardo all’indietro, ai formidabili anni 90′. A una partecipazione collettiva probabilmente perduta. A generazioni di tifosi che potrebbero ricucire gli strappi ritrovandosi sugli spalti dell’Arechi da fine agosto (pandemia permettendo), e a una squadra capace di esaltare il pubblico, affrontando le grandi del calcio italiano. Ma siamo soltanto a novanta minuti da un sogno imprevisto. Confidando nella maturità di un gruppo che, comunque vada, si è ritagliato un ruolo di primo piano nell’ultracentenaria storia dell’Ippocampo.

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