Reddito e sostegno alle imprese, la doppia logica del Governo

Con il nuovo scostamento di bilancio da 40 miliardi e il Documento di economia e finanza approvato dal Consiglio dei Ministri, il Governo ha lanciato una scommessa sulla crescita: quest’anno il deficit pubblico sarà poco meno del 12% in rapporto al PIL e si ridurrà gradualmente fino a tornare sotto al 3% non prima del 2025. Se la crescita sarà quella attesa, non servirà una manovra correttiva negli anni a venire, come ha spiegato lo stesso Draghi nei giorni scorsi. Il processo, secondo i calcoli di Palazzo Chigi, si tradurrà in un’uscita dal debito per effetto della crescita.

Gli interventi di sostegno seguono due tipi di logica: un sostegno alle persone e alle famiglie che hanno subito un calo del reddito e non per loro colpa, e un aiuto in favore delle imprese per evitare che chiudano per mancanza di liquidità. Draghi ha sottolineato che in questi mesi ci si è già mossi con la massima urgenza per aiutare famiglie e imprese, ricordando che l’Agenzia delle Entrate, dal 30 marzo ad oggi, ha già erogato 3 miliardi di euro di pagamenti relativi al decreto “Sostegni” e ne erogherà ancora nel mese di aprile. Con il prossimo intervento di sostegno si rafforzeranno gli aiuti alle aziende e alle partite Iva colpite dalla crisi. Sono previsti, inoltre, interventi per favorire il credito e la liquidità e rinvii ed esenzioni delle tasse, oltre che risorse in più per i giovani e per gli enti territoriali.

Per i sindacati il lavoro è il punto critico del Documento di economia e finanza, in quanto occorrerà aspettare il 2024 per vedere una diminuzione della disoccupazione. “Non possiamo attendere tre anni per introdurre misure straordinarie, è necessario intervenire subito con un Piano per la piena e buona occupazione”, sostiene la vice segretaria generale della Cgil, Gianna Fracassi.

Il Paese scommette sulla crescita. Ma con le risorse nazionali urge realizzare un Piano straordinario che, in sinergia con le misure attese sul versante degli ammortizzatori sociali universali e della formazione, possa dare soluzioni occupazionali immediate ai lavoratori più colpiti, giovani e donne soprattutto, e a ridurre le differenze territoriali in termini anche di qualità del lavoro. Per i sindacati, una ripresa fondata sulla precarietà non è accettabile.

Dopo l’uscita dall’emergenza sanitaria l’Italia dovrà tornare finalmente alla crescita. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) sarà la chiave di volta per il rilancio: l’Italia ha a disposizione 191,5 miliardi di euro, di cui 69 a fondo perduto122 prestiti, più 30 miliardi del fondo di accompagnamento al PNRR. Con questo fondo saranno finanziate le opere che hanno un orizzonte temporale più ampio dei 6 anni di durata del Recovery Fund, ma che dovranno marciare con la stessa velocità.

Il Piano è un’occasione storica per il rilancio dell’economia e richiede un ambizioso programma di riforme. Il Governo ha nominato i commissari per 57 opere pubbliche, che erano già individuate ma che aspettavano di essere attuate. Per ogni opera è stato definito un cronoprogramma, e il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile metterà in atto un monitoraggio trimestrale sulla realizzazione delle diverse fasi. La crescita deve essere sostenibile, ha più volte ripetuto il Presidente Draghi, ricordando l’importanza del “debito buono”, quello che è in grado di generare crescita. Dopo la crisi pandemica, molto difficilmente l’Europa tornerà ad applicare le stesse regole di bilancio precedenti. Tutti i Paesi europei devono tornare su un sentiero di crescita sostenuta e per questa ragione si dovrà continuare a destinare risorse pubbliche all’economia, centrandole però principalmente sugli investimenti una volta terminata l’emergenza sanitaria.

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