Quattro congressi e un funerale

Sono stata a Torino al ritrovo/comizio del candidato alla segreteria Stefano Bonaccini, l’ho fatto solo per voi. Ormai ho la tessera per abitudine e per una sorta di snobismo, piuttosto che per convinzione, poi è la mia casa politica e si sa quanto sia difficile cambiare casa. Dopo che il referendum del 2016 è andato male, non ho più voglia di immischiarmi, tanto sarebbe inutile e finisco solo per innervosirmi. Tornassi indietro, il mio voto sarebbe comunque “sì”, nel caso ve lo steste chiedendo, ma siccome è impossibile spiegarlo anche a persone molto intelligenti, ho preferito chiudermi e darmi ai libri. Pensano che non ho votato “sì” perché ero “renziana”, ma non è vero, certo mi piaceva Renzi, ma ho votato “sì” perché era la scelta giusta secondo il mio libero pensiero. Tutto ciò mi ha portato a essere meno attiva politicamente, anche se ho frequentato la Scuola di Politiche. Scrivere e basta, è quello che so fare. Poi è arrivata la segreteria di Enrico Letta ed ero talmente felice che ho ordinato un tortino al cioccolato, ma alla fine il suddetto tortino ha dato più soddisfazioni della sua segreteria.

Non ho nulla contro Bonaccini, penso che sia un buon politico, anche con un certo carisma, però io non credo che il partito possa cambiare con lui e la sua squadra e la sua linea. Capita sempre così, ai comizi di una parte che io mi convinco a votare l’altra. La cosa positiva è che finalmente si è parlato dei temi, come il salario minimo, l’ambientalismo, i pasti gratuiti nelle scuole, peccato che se ne sia parlato troppo tardi e solo dopo aver consegnato il Paese a Fratelli d’Italia. Probabilmente trattiamo le elezioni come se fossero il congresso e il congresso come se fosse un’elezione. Non so se questa frase ha un qualche senso per gli esterni al PD, ma sono certa che i militanti avranno colto. Non ho nessun entusiasmo per questo congresso, ho sentito tante volte dire che il PD doveva “ripartire da zero” che onestamente non ci credo più, indipendentemente da chi sarà alla segreteria. Forse è un discorso da vecchia, ma il fatto è che, nonostante manchino due mesi ai miei trent’anni, sono passati dieci anni da quando ho preso la prima tessera. Inoltre, c’ero quando il PD è stato fondato, avevo quattordici anni, ma mi ricordo benissimo. Il problema delle diverse provenienze delle persone confluite all’interno di questa nuova forza di centro-sinistra si è presentato da subito, nell’ottobre 2007 e si è trascinato e ingigantito fino a oggi. Ieri si è parlato di non dare più peso alle correnti, sì è fatto anche una mea culpa sensato sugli errori commessi nei vari governi che si sono succeduti. Ma la verità è che è impossibile non dare peso alle correnti, perché ci saranno sempre, perché l’esperimento di mettere insieme più anime che non dovevano essere messe insieme è proprio fallito. Vorrei che quest’affermazione non fosse il mio pensiero, ma lo è. Sapete, sto in un gruppo Whatsapp dei democratici delle mie parti, in Veneto. Era il compleanno di una signora e tutti ci siamo messi a farle gli auguri nella chat comune. Lei a un certo punto ha scritto: “Vi ringrazio, ma vi prego di usare questo spazio per confrontarci”, io le ho messo una “ahahah reaction”, perché io uso quel gruppo al solo scopo di ricordarmi tutti i compleanni.

Insomma, più che un congresso mi pare un funerale. E allora tanto vale mettere sul cadavere una faccia che mi somigli, ovvero quella di Elly Schein (che non so nemmeno come si pronunci). Rimango nel PD, intanto, e assisto agli eventi, rimango perché ormai è diventato come Facebook. Un ritrovo di boomer senza senso dell’umorismo, dove anche i giovani si scannano sotto il semplice post di commento a una serie TV, ma ogni tanto c’è qualcosa di interessante, come la pagina dei mitomani (dove c’è un post dedicato a Stefano Bonaccini, se vi interessa) e rimani perché, dai, la tua presenza innalza la qualità.

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