Sanna Marin, giovane premier finlandese, nell’agosto 2019, aveva lanciato la proposta di 6 ore lavorative giornaliere per quattro giorni a settimana. L’obiettivo? Migliorare la qualità di vita dei suoi concittadini. 24 ore di lavoro alla settimana. Lo stipendio? Sarebbe rimasto invariato.
La premier aveva twittato ad agosto: “È necessario continuare a compiere sforzi per migliorare la produttività del lavoro e i benefici per la persona media. Orari di lavoro più brevi possono e devono essere discussi. Una settimana di 4 giorni o una giornata di 6 ore con un salario decente possono essere un’utopia oggi, ma possono essere vere in futuro”. In seguito, interrogata sull’argomento, aveva dichiarato: “Credo che le persone si meritino di passare più tempo con le loro famiglie, con quelli a cui vogliono bene e di coltivare i loro hobby e altri aspetti della vita, come la cultura”.
Sui maggiori tabloid europei è dunque circolata la notizia che la Finlandia avesse preso questa innovativa decisione: la miccia è stata accesa dal sito NewEurope.eu il 2 gennaio ed è stata poi pubblicata anche dall’Indipendent, il Daily Mail, il The Guardian, Fanpage, Huffpost, Il Fatto Quotidiano, Il Messaggero, Vanity Fair, Il Corriere, Repubblica e SkyTG24. Insomma, un vero e proprio scoop, rivelatosi ben presto essere una fake news. Sì, perché è stato lo stesso governo finlandese a dichiarare che la proposta della riduzione dell’orario lavorativo non è all’ordine del giorno e non è presente nell’agenda politica, ma è stata solo un’idea lanciata in agosto dall’allora Ministro dei Trasporti, Sanna Marin. A parlarne, il giornale online Open di Enrico Mentana e, in particolare, il debuncker David Puente che ha smascherato la bufala.
In realtà, la riduzione dell’orario lavorativo è un provvedimento che la Svezia ha introdotto già nel 2015. I risultati? Neanche a dirlo: lavoratori più felici e un rendimento incrementato in modo netto. È risaputo che nei paesi del Nord Europa le politiche di welfare siano più avanzate che nella maggior parte del resto del vecchio continente. E infatti, anche secondo la Marin, ridurre il tempo passato in ufficio o in fabbrica aumenterebbe la produttività dei dipendenti. Peccato che la Finlandia non abbia accolto la sua proposta.
La riduzione dell’orario lavorativo settimanale sarebbe stata un grande passo in avanti per il welfare finlandese e si spera che sia la Finlandia che altri capi di Stato seguiranno questa strada. Nel frattempo, in Svizzera, dal 1° gennaio di quest’anno, il tempo necessario a percorrere il tragitto casa-ufficio potrà essere considerato orario di lavoro. Una importante novità, questa, per i 38 mila dipendenti della Confederazione che mediamente impiegano 62 minuti al giorno per andare e tornare dal lavoro. Un modo per ottimizzare il tempo e avvantaggiare il dipendente. Ad alcune condizioni, però. In quel lasso di tempo il lavoratore sarebbe tenuto a svolgere delle mansioni previste dal proprio contratto di lavoro: rispondere a delle telefonate, ricevere o inviare email o messaggi tramite social o gestire e organizzare gli impegni della giornata. Lo svolgimento del lavoro durante il tragitto è facoltativo e dovrà essere approvato dal superiore. Ciò può avvenire solo nell’ipotesi in cui la tipologia di lavoro, la durata del viaggio e le condizioni di trasporto lo rendano attuabile come, per esempio, nel caso ci si sposti in treno o in autobus.
Inoltre, i dipendenti pubblici dovranno dimostrare di aver in qualche modo lavorato mentre si spostavano da casa verso l’ufficio e viceversa. Anand Jagtap dell’Ufficio federale del personale ha dichiarato che questa nuova direttiva è una conseguenza positiva dell’evoluzione tecnologica, che oggi consente di essere connessi e operativi anche durante gli spostamenti. ”Quanto deciso dal governo – ha spiegato Sergio Rossi, ordinario di macroeconomia all’università di Friburgo- è il riconoscimento che sempre più dipendenti pubblici, come d’altronde coloro che sono impiegati nell’economia privata, abitano lontano dal proprio luogo di lavoro. Nella società moderna è impensabile continuare a ignorare che questa distanza non è solitamente una libera scelta del lavoratore, ma dipende dalla disponibilità di alloggi che abbiano canoni di affitto compatibili con gli stipendi”.
Se questa è la situazione in Finlandia, Svezia e Svizzera, qui da noi – nel profondo Sud – da un’intervista campione sui giovani salernitani è risultato che la paga di un lavoratore, tra i 18 e i 35 anni, si aggira sui 3€/h, su un totale di ben 48 ore settimanali. A fine mese, dunque, si raggiungono i 500 € circa. Ecco perché, il 7 novembre 2019, “L’assessorato alla dignità e alla felicità” di Gianpaolo Lambiase e Matteo Zagaria ha presentato una delibera al Comune di Salerno dal titolo Dove vai? Delibera lavoro nero. Gli obiettivi sono sostanzialmente due: istituire una commissione istituzionale sul lavoro giovanile per contrastare il lavoro nero e avviare un’indagine sull’esistenza, nel nostro territorio, di lavoro nero e sul cosiddetto “lavoro grigio” (ore di contratto non corrispondenti a quelle reali). Si vorrebbe, come secondo punto focale, una modifica del Regolamento di assegnazione e revoca del permesso di installazione dei dehors finalizzato al miglioramento dell’inquadramento contrattuale dei lavoratori dipendenti di una specifica attività commerciale.
Insomma, viene avvertita sempre di più a livello territoriale l’impellente necessità di azioni di prevenzione del malcostume di diversi commercianti che, nel disprezzo della dignità e dei diritti dei lavoratori, sfruttano lo stato di bisogno di tantissimi ragazzi. È importante, con il supporto delle Forze dell’ordine, stilare una seria indagine demografica in modo che si riveli la reale situazione del lavoro sommerso nel nostro Comune e nella nostra Provincia e le conseguenti inadempienze previdenziali. Si spera che i modelli positivi presenti nel Nord Europa, anche se di difficile attuazione nell’ormai disastrato welfare italiano, non siano una impossibile utopia ma un sogno possibile cui ispirarsi, tendere e per cui lavorare.