Signorsì, Magnifico Rettore. E’ il contenuto implicito della risposta pubblica ricevuta da Aurelio Tommasetti dal sindaco di Baronissi Gianfranco Valiante in seguito all’apparizione di un murales che ritraeva, ironizzando sui famigerati 49 milioni di euro per cui la Lega è stata condannata e che dovrà restituire allo Stato, il Ministro degli Interni Matteo Salvini. Al cospetto del murales, il primo cittadino ha disposto l’immediata rimozione dopo che il rettore e candidato leghista alle europee Aurelio Tommasetti, attraverso i suoi canali social, si era cimentato in una sortita degna di un’acerrima campagna elettorale. Considerando tono, linguaggio e contenuto, assolutamente inusuale per un rettore ancora in carica: “Vi sembra normale che a Baronissi un sindaco piddino autorizzi un murales di questo tipo contro un Ministro della Repubblica?#èsemprecolpadisalvini”. La campagna elettorale è terminata ma probabilmente Tommasetti è rimasto imprigionato nel ruolo politico agognato e sfiorato, tanto da liquidare ogni forma di imparzialità cui è tenuto un rettore, un’istituzione che non dovrebbe mai venire meno al ruolo di garante dell’intera comunità accademica. Tralasciando l’aspetto istituzionale, ne rimane un altro, non meno rilevante: come può un uomo di cultura che ha guidato un ateneo come quello salernitano non riconoscere un’opera satirica ma anzi battezzarla alla stregua di uno sgradevole atto politico al punto da promuoverne la censura? L’episodio, inevitabilmente, si addiziona alle vicende di stampo repressivo che hanno fatto da contorno al comizio di Matteo Salvini a Salerno e per cui la creatività giovanile e il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, come sancito dall’articolo 21 della Costituzione Italiana, non hanno incontrato la tutela di un mondo politico che al clima illiberale dovrebbe costituire la più ferrea barriera. E invece, ancora una volta, gli amministratori locali del centrosinistra minimizzano, balbettano, legittimano un’impostazione regressiva, ostile a concepire il diritto (altrui) e il dovere (proprio), ammantando le motivazioni di un politically correct stucchevole, prossimo più a una complicità di sistema che a un sentito equilibrio istituzionale. Tuttavia della decisione assunta in merito da Gianfranco Valiante, egregio amministratore del principale centro della valle dell’Irno per ammissione degli stessi cittadini, potremmo sempre pensare sia frutto di un eccesso di diplomazia o della volontà di non creare spaccature e attriti all’interno della sua comunità. Ma questa posizione quasi negazionista nei confronti di un clima palpabile di delegittimazione, di spirito autoritario, di inversione morale e di disonestà intellettuale, quanto ci costerà domani? Quale prezzo in termini democratici? Democrazia significa necessità di critica, di stimolare coscienze e riflessioni e non il ricorso a una pax politica studiata per non soccombere ai tempi. “Chiedo scusa per l’inconveniente – lo farò anche con uno scritto privato – al Ministro Salvini a cui però non manca l’ironia”, conclude Valiante nella sua nota, estrinsecando una retorica accomodante. Il caso è rappresentativo dell’involuzione politica (e non solo) in atto nel nostro paese. Ed eccolo servito, il duplice paradosso: un rettore in carica pienamente coinvolto dalla sua vita politica e un sindaco costretto a scusarsi con chi ha perpetrato un illecito ai danni della collettività. La bellezza di 49 milioni.
Il sindaco ha attribuito la realizzazione del discusso murales a un writer non ufficialmente invitato dall’associazione organizzatrice di Overline Jam, la rassegna internazionale di street art organizzata ogni anno a Baronissi. L’associazione dal canto suo ha rivendicato che nessun amministratore ha autorizzato la realizzazione del murales “49 milioni di anni fa”. “Per cultura non siamo abituati a controllare preventivamente i bozzetti degli artisti che partecipano alla nostra jam perché riteniamo che ogni forma d’arte – e quindi anche la satira – debba essere espressa liberamente e non possa essere censurata. Da un uomo delle istituzioni come l’ex rettore Aurelio Tommasetti ci saremmo aspettati più un plauso per quanto costruito in 13 anni da un gruppo di ragazzi piuttosto che una sterile polemica politica nella quale preferiamo non entrare. Condanniamo con forza, invece, i commenti razzisti che sono comparsi sotto il post dell’ ex rettore e dai quali, speriamo, prenderà le distanze con la stessa convinzione. Noi continueremo a lavorare per salvaguardare i sani valori che da 13 anni portiamo avanti e dai quali chi fa politica – o ha l’ambizione di farla -, dovrebbe imparare molto”. Chi fa politica dovrebbe imparare molto anche dal contenuto che adesso campeggia sul quel muro a presidio democratico e costituzionale: l’articolo 21 della Costituzione Italiana.