I porti italiani sono tra i più esposti alle attività della criminalità organizzata. Nel Belpaese il 24% dei grandi scali marittimi è utilizzato dalle mafie per i mercati illeciti, in particolare per quanto riguarda il traffico di stupefacenti. I porti rappresentano un’opportunità unica per i gruppi criminali di ottenere profitti e rafforzare i legami di collusione sia a livello locale, sia a livello internazionale. Secondo quanto emerge da una ricerca condotta da Libera, sui 351 porti presenti in Italia, ben 50 (circa il 14% del totale) sono stati oggetto di una qualche proiezione di gruppi criminali. Non si tratta solo di porti minori, anzi: alcuni sono identificati come di “rilievo nazionale” per la loro importanza amministrativa e altri come di “rilevanza nazionale” per la loro centralità economica.
Prendendo in esame lo studio delle relazioni della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo (Dnaa), si nota come alcuni scali sembrano essere stati costantemente sfruttati dalle organizzazioni criminali: Ancona, Cagliari, Genova e Gioia Tauro sono presenti in tutte le relazioni analizzate. Anche i porti di Salerno e Taranto compaiono quasi sempre (in 11 relazioni), così come Livorno, Napoli, Olbia e Trieste, presenti in 10 report. La mappa che ne deriva conferma che le proiezioni della criminalità organizzata all’interno dei porti sono diffuse in tutto il territorio nazionale, da Nord a Sud del Paese, nelle coste tirreniche e adriatiche, a prescindere dalla regione in cui il porto è insediato. La centralità nelle rotte commerciali, così come la permeabilità del tessuto socioeconomico hanno reso alcuni scali più attrattivi di altri.
In riferimento ai gruppi criminali coinvolti, la Dnaa ne identifica 15, talvolta anche attivi contemporaneamente o federati in cartelli. Tra questi, la ‘ndrangheta è l’unica mafia presente in tutti i report, seguita dalla criminalità organizzata di origine cinese (presente in 11) e dalla camorra (presente in 10). Questo dato conferma che alcune organizzazioni possiedono peculiari capacità e competenze che consentono loro di persistere nel tempo in ambito portuale, mentre la comparsa di altre è talvolta dovuta a singoli episodi.
Secondo i risultati, sembrerebbe che la maggior parte delle attività illecite che coinvolgono la criminalità organizzata negli scali siano legate ai traffici: stupefacenti, rifiuti e contrabbando di sigarette compaiono in tutte le relazioni analizzate. Anche il traffico di prodotti contraffatti e di esseri umani ricorrono spesso nel tempo. Così come il contrabbando di petrolio: in una delle ultime relazioni, la Direzione nazionale antimafia ha sottolineato come l’interesse delle mafie nel contrabbando di petrolio è sempre più in crescita. Dietro il businnes pompe bianche, quelle che vendono benzina a prezzi convenienti, potrebbero esserci le attività di gruppi criminali, in certi casi vicini alla criminalità organizzata, o quantomeno organizzazioni molto capaci nel contrabbando di carburanti, nell’evasione fiscale e nel riciclaggio di denaro sporco.
In definitiva, sono le caratteristiche e le opportunità offerte dai contesti e dalle economie locali a definire la strategia peculiare dello scalo. Per operare all’interno del porto, che ha la natura di uno spazio chiuso, interdetto al pubblico, è necessario avere a disposizione le giuste chiavi di accesso, garantite dai legami con chi vi lavora o dall’avere la possibilità di infiltrare propri uomini o aziende nell’area portuale.