La fine di una relazione sentimentale

Di Cecilia Alfier

Un grazie a Conte, era dai tempi della fine del Governo Letta che non mi appassionavo così a una crisi di governo, dopo quella bella manovra di Renzi. Ma torniamo alla giornata di ieri (che, guarda caso, era il compleanno di Enrico Letta), non so da dove cominciare. “Il mio telefono è sempre acceso”, aveva dichiarato Salvini qualche giorno prima, rivolto agli ormai ex alleati. Qualcuno ha commentato che sembrava la fine di una relazione sentimentale invece che una crisi istituzionale. Con quel cellulare all’orecchio, il ministro è entrato in Senato e si è seduto accanto a Conte. Poi è cominciato lo “show”: Salvini baciava il rosario e faceva strane facce durante il discorso del premier, intimando ai suoi di tacere, si esibiva in eloquenti gesti con le mani quando dai banchi della sinistra i piddini acclamavano le parole del premier; intanto Di Maio assisteva con un mezzo sorriso, un po’ ebete, un po’ triste, come un bambino che assiste al litigio dei genitori che stanno per divorziare. A me viene in mente Ligabue: “Non so se son meglio le balle oppure le facce che riescono a fare”. Non ho mai sentito un premier così adirato con il suo ministro dell’interno, mi chiedo quanti rospi abbia ingoiato in questi mesi, immagino che il decreto sicurezza bis fosse uno di quei rospi. Forse sarebbe stato diverso se Salvini avesse accettato di presentarsi in commissione antimafia, se non avesse passato sulla spiaggia il due agosto, il giorno dell’anniversario della strage di Bologna, se non avesse chiesto agli italiani “pieni poteri”. Insomma, se fosse stato un po’ meno se stesso. Nella replica a Conte, Salvini cita spesso i suoi nemici: Renzi, la Boschi, Saviano, naturalmente l’Unione Europea che ci rende schiavi, e di nuovo Renzi (credo lo tema). Stranamente non fa cenno alla Boldrini, ma gli perdoniamo questa dimenticanza. Sembrava un discorso più da bar che da Senato della Repubblica. Non nascondo che Salvini mi preoccupa, ho timore soprattutto dell’uomo che lui potrebbe indicare come Presidente della Repubblica nel 2022, spero solo di sbagliarmi. Un altro attacco particolarmente duro contro il ministro è quello del senatore pentastellato Nicola Morra, presidente della già citata commissione antimafia, il quale non solo gli dà dello stupido (neanche troppo velatamente) ma lo accusa di aver inviato segnali alle cosche mafiose durante il suo tour in Calabria. Per finire, Conte lo definisce “un vigliacco”, dopo che la Lega, con una mossa a sorpresa, ritira la mozione di sfiducia. Insomma, un caos. L’intervento di Matteo Renzi dalle file del Partito Democratico è interessante in molti punti, ma non sono nelle condizioni di commentarlo, voglio troppo bene a Matteo per dare un giudizio obiettivo. Avrei evitato di citare il Vangelo, anche se era secondo Matteo, per evitare di “cadere nella simbologia religiosa” che tanto rimproveriamo al nostro avversario politico. In generale, non sembra che il Senato abbia dato grande prova di sé ieri e, in alcuni momenti, mi sono vergognata di essere italiana. Se per assurdo fossi ministro dell’istruzione, metterei scuola di politiche obbligatoria per tutti, belli e brutti.
Intanto all’esterno del palazzo si erano formate due tifoserie: i salviniani contro i sostenitori di Conte, senza parlare delle altre tifoserie di questi ultimi mesi, come i “Parlateci di Bibbiano” contro i “Parlateci della Russia”. Non credo che il Paese possa andare avanti a colpi di tifoserie, sinceramente. E il Presidente della Repubblica, più volte evocato, non può risolvere tutti i problemi magicamente. Non vorrei essere Mattarella in questo momento, costretto a fare le consultazioni con questi quattro casinisti, mentre in realtà vorrebbe solo guardarsi la prima de Il Re Leone in santa pace.

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