C’è una relazione particolare che ha spesso legato la storia della famiglia Amendola a Salerno, inteso naturalmente come territorio salernitano nella sua complessità.
Uno dei primi obiettivi, del nascente squadrismo fascista a Salerno, novembre 1922, è l’assalto e l’occupazione dell’Associazione Democratica Liberale che faceva appunto capo a Giovanni Amendola, sita al corso Garibaldi 51. E’ una occupazione materiale e violenta, ma fortemente simbolica della nuova collocazione che la borghesia democratica salernitana si preparava ad offrire, dal liberalismo democratico al fascismo.
E’ proprio contro la figura di Giovanni Amendola e del movimento che fa capo a lui, un Movimento forte e radicato, che il fascismo, già prima di essere al potere, anche a livello nazionale dirige svariati attacchi per screditarne la figura sia politica che come giornalista. Nel 1920 il “Popolo d’Italia” diretto da Mussolini, pubblica servizi di “inviati speciali” da Sarno che cercano appunto di screditare il suo forte consenso popolare.
Nel 1921 gli squadristi disturbano la sua campagna elettorale così come in altre occasioni fino all’episodio descritto del novembre ’22. Qualche settimana dopo, dicembre dello stesso anno, i fascisti occupano la sede comunista di Fratte a colpi di pistola e dopo pochi giorni lo stesso avviene a San Severino occupando molti circoli democratici e distruggendo cinque circoli amendoliani.
Ma il legame degli Amendola con Salerno sarà forte anche dopo l’armistizio e lo sbarco alleato che “libera” Salerno. Giorgio, che nel suo esilio tunisino ha maturato spiccate capacità dirigenti del Partito Comunista, sarà protagonista delle travagliate vicende del contrasto che si sviluppò nella neonata Federazione salernitana comunista e che vide un epico scontro di linea tra i “bordighisti” Ceriello e Mannucci e i “togliattiani” capeggiati appunto dagli uomini di Amendola. E sarà poi Pietro Amendola l’uomo posto a capo della Federazione per alcuni anni, dall’agosto ’44 al settembre ’46,che lo fece portando con sé anche la moglie Maria Antonietta Macciocchi. Pietro Amendola per questo svilupperà forti legami con il territorio salernitano, legamiche perdurarono anche molti anni dopo la sua partenza, valga per tutti il suo ruolo nelle lotte operaie della MCM di Nocera Inferiore del 1959.
Giorgio, per il suo carattere fortemente leaderistico, ha poi continuato a svolgere unafunzione di dominus pressoché incontrastato nel Partito Comunista salernitano e quindi della vita democratica della provincia. Nel periodo seguente la partenza di Pietro per Roma alla fine del ‘46, la sua incombente presenza si sostanziò nella venuta a Salerno di un suo stretto collaboratore già nel periodo “tunisino”, Michele Rossi, che diventerà un effettivo protagonista sia della crescita del PCI salernitano che delle mitiche lotte per l’occupazione delle terre incolte della Piana del Sele.
E’ indubbio che per tutti questi motivi il nome degli Amendola sia legato allo sviluppo di un forte spirito democratico e antifascista di una buona parte della società salernitana. Ancora oggi, la statua di Giovanni Amendola è un luogo fortemente simbolico dell’antifascismo locale, immancabile l’omaggio che viene qui portato, nelle giornate dedicate appunto alla memoria storica dell’opposizione al fascismo e della persecuzione che molti antifascisti salernitani dovettero subire nel famigerato ventennio.