In Italia parte la beneficenza per la libertà d’espressione

Sono tantissimi gli artisti, nazionali e internazionali, che stanno mettendo a disposizione le proprie opere da mettere in vendita di beneficenza per la libertà di espressione. Il ricavato delle vendite sarà devoluto, infatti, per sostenere l’organizzazione e soprattutto la riuscita di “Ceci n’est pas un blasphème”, il Festival per la libertà d’espressione che si svolgerà a Napoli dal 10 al 30 settembre 2021 nel bellissimo Palazzo delle Arti (PAN), il primo evento del genere in tutta Europa e non solo. 

A partire dal 5 maggio è in corso la vendita di beneficenza – le opere sono disponibili a questo link: https://articensurate.it/category/opere/ – per sostenere economicamente l’evento, in aggiunta al crowdfunding attivo sulla piattaforma GoFundme, con cui ognuno di noi può fare una donazione online, piccola o grande che sia. (Raggiungibile QUI)

Dall’inizio del mese di maggio 2021, in tutta Italia si è scatenato un vero e proprio uragano mediatico proprio attorno al tema della censura, dopo quanto accaduto al concerto del 1 maggio trasmesso dalla Rai. La questione riguarda il discorso che il cantante Fedez ha tenuto a sostegno del DDL ZAN contro l’omotransfobia sul palco della Rai. 

L’episodio non è collegato in alcun modo al festival di Napoli, se non per un sottilissimo filo conduttore: il risalto mediatico dato al dibattito, per troppo tempo rimasto silente e di nicchia, quello per cui tutti dovremmo scegliere di sostenere il Festival di Napoli, oltre che regalarsi l’occasione di parteciparvi. 

Questo dibattito riguarda la censura. Non quella a cui tutti pensano, collegata ad uno stato dittatoriale, dove arte, giornalismo e qualunque forma di espressione vengano messe a tacere con la forza e la violenza. Esiste un altro tipo di censura, molto più sottile, soffusa, mitigata, ma altrettanto pericolosa quanto in uno stato dittatoriale, perché si autoalimenta di due fattori moltiplicatori: l’illusione di vivere in totale libertà e la paura della reazione

In uno stato come l’Italia, o tanti altri stati cosiddetti “democratici”, è raro trovarsi di fronte ad un episodio di palese censura. Quando ciò accade, si tratta delle poche eccezioni che sembrano confermare la regola.
E la regola è un’altra: non ci devono essere soggetti specifici che dicano cosa si possa pubblicare e cosa no. Devono essere gli artisti a sentirsi “liberamente in dovere” di non pubblicare determinate cose, avendo paura di determinate reazioni (virtuali e non).

Censura “preventiva”. Così la definiscono gli organizzatori del festival, ma è così che l’hanno ribattezzata anche tanti di quelli che la subiscono ogni giorno. E’ un processo lento, meticoloso, anche difficile da dimostrare quanto da schematizzare, per individuarlo e renderlo denunciabile.

Dopo il 2010, dalla co-produzione di CSS Teatro Stabile d’Innovazione del Friuli Venezia Giulia e Teatro Biondo di Palermo, nasceva lo spettacolo “Fa’afafine – Mi chiamo Alex e sono un dinosauro”, da un’idea di Giuliano Scarpinato. L’opera parla della storia di Alex, un bambino dalla spiccata creatività, che dalla sua stanza cerca di comunicare telepaticamente con l’isola di Samoa, dove vivono i suoi veri unici amici, perché sono come lui: Fa’afafine, individui che fin da piccoli non si identificano in nessun sesso ma in entrambi, senza che la società dove vivono ne imponga uno.

La storia è ispirata tra l’altro ad una realtà delle isole Samoa in Oceania, dove con il termine Fa’afafine indicano proprio i bambini in età ancora prematura perché abbiano piena contezza della loro sessualità, un’età fatta di spensieratezza e libere sperimentazioni, senza pregiudizi. 

Lo spettacolo di Scarpinato, nel 2014, vince il prestigioso Premio Scenario Infanzia, sovvenzionato dal Ministero della Cultura, riconosciuto alle attività di <<ricerca nell’ambito dei linguaggi rivolti all’infanzia e all’adolescenza, nella consapevolezza che l’universo dei bambini e dei ragazzi presenta necessità, tematiche, poetiche in continuo e veloce mutamento>>. A seguito di tanto prestigio, l’opera viene portata in tutti i teatri d’Italia e interpretata da attori come Michele Degirolamo e Gioia Salvatori.  

Eppure, in tante città, da Genova a Pistoia, finanche a Salerno, lo spettacolo riceve feroci critiche. Associazioni ultra cattoliche come Prolife, Generazione Famiglia, o di estrema destra come Associazione Evita Peron (affiliata a Forza Nuova) organizzano sit-in, raccolte firme, forme di protesta di ogni tipo per ostacolare la messa in pubblico dello spettacolo. Spesso ottenendo cancellazioni, riduzioni, slittamenti di orario

Eccolo uno dei tanti ingranaggi del macro-sistema della censura preventiva. Sono gli episodi a rendere meglio l’idea di un meccanismo così complesso, che sarebbe davvero difficile da spiegare senza scontrarsi con la sua cruda realtà

Ad oggi sono tantissimi tra fumettisti, vignettisti, pittori, artisti performer, registi e attori, che vivono la propria arte all’ombra della “censura preventiva”, vessati dalla paura delle reazioni: sui social, nella comunità, sul posto di lavoro. Un  meccanismo complesso che però ha un concetto semplice alla base: essere cavalcato da tutti coloro che hanno interesse ad alimentare lo scontro sociale tra artisti e “opinione pubblica”.

Perché? tutto ciò rende possibile una “censura preventiva alle arti”, quelle pericolose perché aiuterebbero tutti noi a riflettere fuori dagli schemi di potere, basati sui “finti stendardi” della tradizione, della religione (quella fanatica, non la vera fede), della politica, della lapidarietà medioevale di un “giusto e sbagliato”, quasi paragonabile al tribunale dell’inquisizione. 

Con la direzione artistica di Emanuela Marmo, il festival “Ceci n’est pas un blasphème” desidera portare in Italia casi internazionali ed esplorare l’influenza dei fanatismi sulla produzione culturale nazionale, richiamando le amministrazioni a garantire la libertà di culto, per riconoscere al pensiero laico e ateo eguale importanza. 

La cultura e l’arte sono e restano sempre strumenti indispensabili, per metabolizzare il conflitto a vantaggio del dibattito, una cosa che spaventa chi sa vivere di solo conflitto.

Marco Giordano

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Fonti:

Spettacolo teatrale “Fa’ afafine” cancellato e ostacolato: 
https://www.corriere.it/spettacoli/17_marzo_16/fa-afafine-spettacolo-bambini-polemica-anti-gender-7778cee0-0a18-11e7-b3aa-791e2c1a1ab9.shtml

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Premi e riconoscimenti dello spettacolo “Fa’ afafine” in Italia:
https://www.teatroecritica.net/2017/02/faafafine-uninchiesta-tra-ideologia-e-scomparsa-del-teatro/

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