Il Sud del lavoro povero: un lavoratore su quattro guadagna meno di 9 euro l’ora

Nel Sud, il peso della componente del lavoro a termine rimane a livelli patologici, soprattutto se confrontato con il resto del Paese e le medie europee. La quota di occupati a termine sul totale dei dipendenti è pari al 22,9% al Sud contro il 14,7% del Centro-Nord. Soprattutto, nel Mezzogiorno si resta precari più a lungo: quasi un lavoratore meridionale a termine su quattro è occupato a termine da più di cinque anni, quasi il doppio rispetto al resto del Paese.

Il tema del lavoro povero, aggravatosi per effetto della pressione inflazionistica ancora in corso, ha riportato al centro del dibattito politico la proposta di introduzione di un salario minimo legale. La SVIMEZ ha elaborato una stima dei lavoratori che percepiscono una retribuzione oraria inferiore ai 9 euro lordi. La stima si basa sui microdati dell’indagine continua sulle forze di lavoro dell’ISTAT aggiornati al 2020, l’ultimo anno per il quale sono disponibili dati sulle retribuzioni disaggregati a livello territoriale.

In base alle stime SVIMEZ risultano circa 3 milioni di lavoratori al di sotto dei 9 euro in Italia, pari al 17,2% del totale dei lavoratori dipendenti (esclusa la Pubblica Amministrazione): circa 1 milione nel Mezzogiorno (pari al 25,1% degli occupati dipendenti) e circa 2 milioni nelle regioni del Centro-Nord (15,9% degli occupati dipendenti).

Mentre la questione nazionale dei salari si aggrava soprattutto nel Mezzogiorno. L’inflazione si è ripercossa in maniera significativa sui salari reali in Italia. I più recenti dati di fonte OCSE evidenziano una generalizzata erosione del potere d’acquisto dei salari rispetto al pre-pandemia. In tale contesto, i salari reali italiani hanno subito una contrazione ancor più pronunciata (-7,5% contro -2,2% della media OCSE). In Italia, la perdita di potere d’acquisto ha interessato soprattutto il Mezzogiorno (-8,4%) per effetto della più sostenuta dinamica dei prezzi.

Questa dinamica si colloca all’interno di una tendenza di medio periodo particolarmente sfavorevole al Mezzogiorno. Le retribuzioni lorde reali mostrano una tendenza sostanzialmente stagnante nel Centro-Nord tra il 2008 e il 2019 e in significativo calo proprio
al Sud. Nel 2022 le retribuzioni lorde in termini reali sono di tre punti più basse nel CentroNord rispetto al 2008; nel Mezzogiorno di ben dodici punti.

La fuga dei giovani laureati meridionali
Tra il 2001 e il 2021 circa 460.000 laureati si sono trasferiti dal Mezzogiorno al Centro-Nord, per una perdita netta di circa 300.000 laureati nell’area. Tra il 2001 e il 2021 la quota di emigrati meridionali con elevate competenze (in possesso di laurea o titolo di studio superiore) si è più che triplicata, da circa il 9 a oltre il 34%. La SVIMEZ stima che nel 2022, per la prima volta nella storia delle migrazioni interne italiane, la quota di laureati sul totale degli emigrati meridionali supererà quelle relative a titoli di studio inferiori.

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