Il Paese della povertà strutturale. Senza RdC si aggrava l’emergenza

La povertà in Italia può ormai dirsi un fenomeno strutturale visto che tocca quasi un residente su dieci, il 9,4% della popolazione residente vive infatti, secondo l’Istat, in una condizione di povertà assoluta. Se si pensa che solo quindici anni fa il fenomeno riguardava appena il 3% della popolazione si comprende quanto siano state compromettenti per l’Italia le gravi crisi globali attraversate a partire dal 2008, dal crollo di Lehman Brothers, alla crisi del debito sovrano, fino alla pandemia da Covid-19, a cui si aggiungono ora gli effetti del conflitto in Ucraina che stanno impattando pesantemente su crescita, inflazione e scambi commerciali. In termini assoluti si contano 5milioni 571mila persone in stato di povertà assoluta, erano 1,8 milioni solo tre lustri fa’.

Il prossimo autunno verranno rilasciate le nuove stime dell’Istat, ricalcolate secondo nuovi parametri europei, e i timori di una ulteriore recrudescenza appaiono fondati. Le tensioni legate allo scoppio della guerra infatti hanno marcatamente condizionato il prezzo dell’energia, che ha registrato straordinari rialzi, contribuendo così al forte aumento dell’inflazione, con un conseguente irrigidimento delle politiche monetarie. In questo clima di incertezza economica e politica la crescita globale è di fatto rallentata. In Italia la crescita del Pil nel 2022 si è attestata a +3,7% a fronte del +7% registrato nel 2021; il rallentamento si è registrato soprattutto nella seconda parte del 2022 proprio a causa della situazione internazionale e alle dinamiche sopra richiamate. L’inflazione al consumo ha raggiunto i suoi massimi livelli dal 1985. E in tal senso sono proprio i poveri a pagare il prezzo più alto. Secondo l’ultima relazione annuale di Banca d’Italia gli effetti più marcati dell’inflazione si sono registrati proprio sulle famiglie meno abbienti, in virtù di un paniere di spesa meno diversificato. Se le fasce più deboli hanno infatti subito un rincaro dei prezzi del 17,9% (era del 5,1% nel dicembre 2021), la parte più ricca si è fermata a + 9,9%. In questa fase di marcata insicurezza globale dunque si rafforzano le disuguaglianze tra le famiglie più benestanti e quelle meno abbienti, in continuità con quanto accaduto con la pandemia da Covid-19. Uno su tre di quanti, tra gli italiani, cerca aiuto prende già il Reddito di Cittadinanza, insufficiente da solo a dare una risposta ma imprescindibile.

I dati di fonte Caritas offrono un prezioso spaccato sui volti di povertà del nostro tempo, integrando in qualche modo i dati di fonte ufficiale. Nel 2022, nei soli centri di ascolto e servizi informatizzati (complessivamente 2.855) le persone incontrate e supportate sono state 255.957. Rispetto al 2021 si è registrato un incremento del 12,5% del numero di assistiti, in gran parte legato alla crescita delle persone di cittadinanza ucraina accolte dalla Chiesa in Italia (rispetto al 2021 il numero degli stranieri di cittadinanza ucraina sostenuti è salito da 3.391 a 21.930). Tuttavia se si esclude “l’effetto guerra” il trend rispetto all’anno precedente è comunque di crescita, ridimensionata però ad un + 4,4%. Complessivamente l’incidenza delle persone straniere si attesta al 59,6% (era al 55% nel 2021) con punte che arrivano al 68,6% e al 66,4% nelle regioni del Nord-Ovest e del Nord-Est.

Rispetto alla storia assistenziale, non si tratta sempre e soltanto di nuovi poveri: quasi il 30 per cento delle persone è infatti accompagnato da più di 5 anni. A chiedere aiuto sono donne (52,1%) e uomini (47,9%). L’età media dei beneficiari si attesta a 46 anni. Complessivamente le persone senza dimora incontrate sono state 27.877 (+ 16% rispetto al 2021), pari al 16,9% del totale.
Forte risulta essere la relazione tra povertà e bassa scolarità. Tra gli assistiti prevalgono infatti quelli con licenza media inferiore che pesano per il 44%; se a loro si aggiungono i possessori della sola licenza elementare (16,2%) e la quota di chi risulta senza alcun titolo di studio o analfabeta (6,3%) si comprende come i due terzi dell’utenza sia sbilanciato su livelli di istruzione bassi o molto bassi. Rispetto al 2021 cresce leggermente la percentuale di chi può contare su titoli di studio più elevati (diploma superiore o laurea),
segnale di una povertà che diventa in qualche modo sempre più trasversale.

Strettamente correlato al livello di istruzione è poi il dato sulla condizione professionale che racconta molto delle fragilità di questo tempo post pandemico. A chiedere aiuto sono per lo più persone che fanno fatica a trovare un lavoro, disoccupati o inoccupati (48,0%) ma anche tanti occupati, working poor o lavoratori poveri su base familiare, che sperimentano condizioni di indigenza (22,8%).
Nel 2022 appare sempre più marcato il peso delle povertà multidimensionali: nell’ultimo anno il 56,2% dei nostri beneficiari ha manifestato due o più ambiti di bisogno (la percentuale si attestava al 54,5% nel 2021). In tal senso prevalgono, come di consueto le difficoltà legate a uno stato di fragilità economica, i bisogni occupazionali e abitativi; seguono i problemi familiari (separazioni, divorzi, conflittualità di coppia), le difficoltà legate allo stato di salute (disagio mentale, problemi oncologici, odontoiatrici) o ai processi
migratori.

In termini di risposte, gli interventi della rete Caritas sono stati numerosi e differenziati. Complessivamente sono stati erogati oltre 3,4 milioni di interventi, una media di 13,5 interventi per ciascun assistito (considerate anche le prestazioni di ascolto). In particolare: il 71,8% ha riguardato l’erogazione di beni e servizi materiali (distribuzione di viveri, accesso alle mense/empori, docce, ecc.); il 9,4% gli interventi di accoglienza, a lungo o breve termine (in forte crescita rispetto al 2021); il 7,4% le attività di ascolto, semplice o con discernimento; il 4,6% il sostegno socio-assistenziale; il 2,5% l’erogazione di sussidi economici, utilizzati soprattutto per il
pagamento di bollette e tasse; l’1,4% interventi sanitari.

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