Con la becera politica del respingimento a tutti i costi, il mantra dei porti chiusi, unico caposaldo di propaganda, per quattordici mesi Matteo Salvini ha eluso la complessità della questione. E non un rinsavimento o una generale presa di coscienza hanno arrestato il grido securitario e insieme illusorio di gruppi consistenti di cittadini, arringati da un ministro balneare arenatosi sulle spiagge del Papeete, ma una nave Ong battente bandiera norvegese (gestita da Sos Mediterranèe e Msf), approdata a Lampedusa negli ultimi giorni. L’Ocean Viking, autorizzata dal governo italiano ad attraccare per consentire lo sbarco di uomini, donne e bambini stremati, ha innescato un processo politico a livello continentale, in cui il premier Giuseppe Conte ha assunto un ruolo di primo piano a garanzia di un impegno condiviso. Ne è derivata un primo punto di svolta sul terreno maggiormente minato per le democrazie europee. Per l’Italia si tratta di una sterzata frutto del rinnovato spirito di coesione con i partner europei dopo il ribaltone di governo, della mediazione e della sensatezza di proposte non più accompagnate dal plauso del blocco di Visegrad, cui le politiche di Salvini trovavano adesione, incuranti del controsenso assecondato: fare comunella e schiamazzo con chi si rifiutava categoricamente di partecipare alla redistribuzione dei migranti su base europea. Per l’ex ministro dell’Interno, un controsenso funzionale alla raccolta di facili consensi. Durante i quattordici mesi del governo gialloverde, l’offerta di protezione ha viaggiato su un meccanismo ben collaudato: l’alleanza con chi rifiuta le quote di migranti, l’impossibilità, anche a causa dell’ostilità dei maggiori partner europei, di organizzare un’accoglienza diffusa ed equa, il conseguente e prediletto indurimento di petto del leader leghista, abile ad occupare la scena e a risolvere il problema in un misto di pervicace comunicazione e atteggiamenti muscolari. Ma per ogni imbarcazione respinta, per ogni anima lasciata in mezzo al mare, prima o poi non si sfugge a una sorta di contrappasso. L’Ocean Viking, un nome altrettanto guerriero, di un’umanità risoluta che solca i mari, ha rappresentato il naufragio della propaganda.
Dopo le ultime negoziazioni, e complice il clima più disteso e di “reciprocità” con l’Europa, il premier Giuseppe Conte può vantare un impegno politico per rendere automatica la suddivisione delle quote a livello europeo. “L’Italia non sarà più lasciata sola”, assicurano da Bruxelles i “volenterosi”. Le misure elaborate da Roma contemplano il precedente dell’Ocean Viking: richiesta di un porto sicuro, immediata attivazione della procedura di redistribuzione alla Commissione Europea, assunzione di responsabilità dei paesi disposti a collaborare, indicazione del porto sicuro. Nonostante le difficoltà nell’ottenere la formalizzazione di un sistema automatico per la ripartizione dei migranti, la gestione avverrà caso per caso con un piano già abbastanza definito. Al fianco dell’Italia si schierano Germania e Francia, con un impegno di massima a farsi carico ciascuno del 25% dei migranti. In Italia resterà una quota tra il 15 e il 25%. La percentuale restante verrà suddivisa tra Portogallo, Irlanda, Lussemburgo, Romania e Spagna. A Bruxelles finalmente si ragiona in merito a un meccanismo che penalizzi economicamente chi non intende collaborare. Se il meccanismo dovesse collaudarsi e garantire l’effettiva suddivisione, sarebbe un duro colpo, forse mortifero, inferto al brutale, grottesco e paranoico isolazionismo che l’epoca attuale ha depositato nelle velleità di un leader avvezzo ai selfie e a poco altro.