Diffusione della criminalità, burocrazia, carenze infrastrutturali e disoccupazione sono i temi ricorrenti che hanno rallentato lo sviluppo del Sud e prodotto effetti devastanti in ogni ambito della vita sociale. Ma soprattutto nel corso del quadriennio 2015-2019, sono emersi anche altri elementi: primo fra tutti quello della riduzione della popolazione giovanile residente, che nel periodo considerato si è ridotta di oltre un milione e mezzo impattando pesantemente sul livello di occupazione nel Mezzogiorno e sulla qualità del capitale umano. Tra il 1995 e il 2019 l’Italia nel complesso ha perso oltre un milione di giovani (da poco più di 11 milioni a poco più di 10 milioni) e tutta questa perdita è dovuta ai giovani meridionali. Quindi, parlando in termini meramente economici, il peso che tutti questi fattori hanno sul Pil pro capite per abitante è determinante e la quota di Pil prodotta dal Sud sul totale nazionale è diminuita passando da oltre il 24% del 1995 al 22% del 2019. Secondo i dati della ricerca, se questi fattori incidessero meno, nel giro di alcuni anni il prodotto lordo meridionale crescerebbe di oltre il 20% (+90 miliardi di euro).
Deficit strutturali ma anche scarsa attitudine alla valorizzazione del proprio patrimonio: il turismo sottoutilizzato è da anni uno dei temi che popolano il dibattito sullo sviluppo del Mezzogiorno. La grande opportunità del meridione si intreccia ai cambiamenti in seno all’industri turistica, con il virus che ha piegato il mito della mobilità illimitata. Ridisegnando drasticamente il settore: le grandi mete internazionali, quelli da copertina o dal sapore esotico, soccombono a beneficio di un turismo interno. Il turismo di massa, così come concepito negli ultimi decenni, ha ceduto il passo al ritorno sui territori. Contribuendo al rilancio delle economie locali, in maniera marcata per quanto riguarda le regioni meridionali. Favorendo le espressioni culturali del territorio, le sue energie vitali: percorsi paesaggistici ed enogastronomici, itinerari tracciati in un’ottica di turismo sostenibile. Visite a musei e a siti archeologici. E poi ancora biketourism, cineturismo, il turismo rurale ed enogastronomico. Come sottolineato anche dall’Ufficio Studi di Confcommercio, l’importanza del turismo e dei servizi alle persone corrisponde a uno dei principali fattori di rinascita. Bellezze naturali, percorsi culturali e clima favorevole consentiranno al Sud Italia di partecipare al processo di costruzione di ricchezza attraverso il turismo.
Il Recovery Plan e il Piano Sud 2030 metteranno a disposizione risorse di una certa entità e sono due i principali canali sui quali puntare: il turismo, per l’appunto, da sempre sottoutilizzato anche per una forte carenza di infrastrutture che negli anni non ha permesso di intercettare grandi flussi turisti e la transizione ecologica, quel Green New Deal che l’Europa ha messo al centro dei propri progetti e che nel Mezzogiorno, può diventare una carta vincente. Una transizione ecologica a forte connotazione territoriale. Il Green New Deal per il Sud è l’occasione di una nuova grande opera di infrastrutturazione verde del territorio (mitigazione del rischio sismico e idrogeologico; contenimento della produzione di rifiuti; servizio idrico integrato; l’uso efficiente e razionale delle risorse naturali). Per investire nell’efficienza energetica, sostenere le iniziative di economia circolare, riqualificare i siti industriali dismessi e per sostenere la filiera agroalimentare coniugando l’attività produttiva a standard ambientali stringenti.
Anche l’istituto Svimez ha indicato come priorità la definizione di un disegno unitario di politiche nazionali declinate territorialmente per valorizzare la prospettiva green e la strategia Euro-mediterranea. Bisogna individuare nella promozione della rigenerazione urbana, dell’efficienza e della riconversione energetica, dell’economia circolare e dello sviluppo delle fonti rinnovabili, della messa in sicurezza del territorio, del contrasto al dissesto idrogeologico e della ricostruzione delle aree terremotate, aree di intervento prioritarie al fine di mobilitare il potenziale del Sud quale principale piattaforma verde nazionale. Il Mezzogiorno può raccogliere la sfida della sostenibilità e dell’implementazione di una bioeconomia circolare, partendo dal fatto che la crescita di questi investimenti ha visto finora una distribuzione abbastanza omogenea in tutto il territorio nazionale, valorizzando anche le aziende del Mezzogiorno. Lo stesso Piano Sud 2030, progetto curato dall’ex ministro Provenzano, è fortemente strutturato sul rapporto tra potenzialità di crescita del Mezzogiorno e sviluppo sostenibile.
Proprio al Sud sono cresciute negli ultimi anni le fonti energetiche rinnovabili, lo sviluppo della chimica verde, della carta e del packaging, del legno, dell’agroalimentare e di altri settori, come la meccanica. Il settore agroalimentare, il più rivelante tra quelli della bioeconomia, ha visto tra le sei regioni italiane di testa, ben tre meridionali, Sicilia, Puglia e Campania. Per di più il Mezzogiorno, come ricorda Svimez, vanta centri di ricerca pubblici e privati di primario livello. L’obiettivo è riconciliare finalmente economia, società e ambiente, superando l’antitesi tra creazione di posti di lavoro e tutela della salute e dell’ambiente.