Enrico De Luca, noto come Erri, nasce a Napoli, nella nostra Campania, il 20 maggio 1950. Scrittore, poeta, giornalista e traduttore. Nelle sue opere vi è tutto ciò che un lettore cerca, il suo stile è unico e inconfondibile, le sue parole non possono fare a meno che trasformarsi in immagini ed emozioni nelle nostre menti.
“Voglio bene a chi ama pane e olio. // Profumano di fresco. Ci annuso il maestrale”.
Il giro dell’oca è un monologo che diviene dialogo, ricco di intensità.
Il destinatario delle sue parole è un figlio che non ha mai avuto e che ora non può fare a meno di immaginare davanti a sé.
L’immagine è già adulta, sono stati saltati di colpo gli scivoloni dell’infanzia. E’ un figlio nato da un sogno, ispirato a una storia simile: quella di un falegname che si è creato un figlio di legno. Erri De Luca lo costruisce con la parola con stile denso e magmatico, finisce per risultare altrettanto materico.
Nel corso di questo colloquio, il padre ripercorre tutte le tappe importanti della sua vita, dai ricordi di infanzia al primo bacio, le scalate di montagna, i guai con la giustizia, le passeggiate al Vesuvio con il padre. Padre che lui non è mai diventato.
Il narratore è stato a sua volta figlio, ma nel mancato atto di divenire padre, interrompe una ciclicità rigidamente prestabilita.
L’enigma dell’essere padre viene indagato, sviscerato e analizzato.
Quelle di Erri De Luca sono parole che ci sfiorano e ci fanno venire la pelle d’oca, evocano rumori, odori, colori, strazianti dolori e dolori mancati ma forse necessari, corpi vivi e non.
Il silenzio del figlio mai nato si lacera e prende la parola, mutando il monologo in dialogo. Il mai-nato acquista spessore.
De Luca gli conferisce personalità, un
carattere complesso, quasi un ruolo da protagonista, spostando l’attenzione dall’importanza di
un non-padre all’importanza di un non-figlio.
L’autore gli
attribuisce un carattere migliore del proprio, il figlio poco alla volta, in maniera
sottile, diventa giudice,
coscienza, quasi padre, costringe l’autore ad analizzarsi, a riflettere sui propri atti mancati.
A volte il non figlio lo attacca, con durezza.
“Non sai raccontare il ridicolo, un deficit per un narratore”.
In questo libro il personaggio pesa più dell’autore, un figlio ha più importanza di un padre.
Erri De Luca costruisce e demolisce scenari e vite con le parole, arrivando a farle pesare come macigni, così facendo il lettore sente tutto il peso della vita raccontata. Altre volte le parole sono leggere e ci aiutano a volare verso ricordi lontani e meravigliosi.