Il business criminale degli incendi e le falle nella prevenzione

Gli incendi devastano il meridione, provocando danni sempre più ingenti. Ci troviamo di fronte al moltiplicarsi di eventi definiti “estremi”, poiché superano la capacità di controllo, con un’intensità superiore ai 10.000 kW/m e una velocità di propagazione oltre i 3 km/h. Una tendenza preoccupante associata all’incremento dei roghi di natura dolosa o colposa (+8,1% rispetto a due anni fa). Secondo i dati diffusi dal Ministero dell’Ambiente dal 2019 ad oggi la superficie bruciata è cresciuta del 18,3% facendo lievitare anche il numero di denunce (+25,2%) e di arresti (+80%). In Campania, Puglia, Calabria e Sicilia si è verificato oltre il 54% degli incendi. La Campania, nello specifico, primeggia per numero di illeciti (705, il 16,7% del totale nazionale). La classifica provinciale degli incendi scoppiati nel 2020, secondo i nuovi dati elaborati da Legambiente in un’anticipazione del rapporto Ecomafia 2021, vede invece ai primi cinque posti per numero di reati accertati Cosenza, Salerno, Palermo, Foggia e Potenza. Un numero di illeciti che nel complesso continua ad aumentare e che si somma agli 81.464 già accertati sul territorio nazionale tra il 2006 e il 2019.

Quello degli incendi è un fenomeno complesso da analizzare e altrettanto difficile da contrastare, soprattutto in un contesto di cambiamento climatico. Ma in gran parte del Sud una criminalità incendiaria è in costante agguato. Punta a speculare ai danni di piccoli agricoltori per destinare i terreni all’energia eolica e fotovoltaico o a nuove costruzioni in grado di generare profitto. Le Commissioni regionali antimafia hanno più di un sospetto e sono in corso indagini. C’è il caso della Sicilia, dove gli agricoltori hanno subito pressioni di ogni tipo da multinazionali interessate a comprare appezzamenti di terreni. Senza contare la mafia dei pascoli, ridimensionata però dall’attuazione della legge 353 del 2000, dedicata proprio agli incendi boschivi,  che prevede, insieme al delitto di incendio boschivo doloso (423 bis del Codice penale), vincoli molto stringenti per le aree attraversate dal fuoco: 15 anni senza cambiamenti nella classificazione dei terreni, boschivi o a pascolo, 10 anni di divieto di edificazione, 5 anni in cui sono vietate anche le piantumazioni di nuovi alberi con risorse pubbliche, tranne eccezioni stabilite dal Ministero dell’Ambiente. Un sistema di vincoli che rispecchia alcune delle cause principali degli incendi dolosi ma che, per essere efficace, richiede da parte di tutti i Comuni l’aggiornamento del Catasto delle aree incendiate.

E proprio quest’ultimo punto rappresenta una criticità, richiamando un Governo Integrato degli Incendi basato sull’integrazione e il coordinamento a livello regionale e nazionale dei settori dedicati a previsione, prevenzione, informazione, addestramento, lotta, indagine e ricostituzione post-incendio, tenuto conto del fatto che l’elevata separazione delle competenze ha portato a una marcata frammentazione del governo dei roghi. Restano dunque centrali la prevenzione e il controllo, così come la manutenzione, dei territori. La fase preventiva ha avuto qualche inefficienza, come ammesso dallo stesso ministro Cingolani. Indietro sono rimasti molti piccoli Comuni sull’aggiornamento dei Piani comunali di Protezione Civile, ossia l’elaborazione di specifici piani di emergenza per gli insediamenti e impianti turistici, anche temporanei, ubicati in prossimità di aree boscate o comunque suscettibili all’innesco. La frammentazione della filiera istituzionale ha così disorientato le Comunità Montane e gli altri attori che partecipano alle attività di prevenzione e lotta attiva agli incendi boschivi, in maniera da comprimere la sinergia tra le componenti del sistema.

La Giunta regionale della Campania ha approvato in giugno il Piano per la programmazione delle attività di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi nel triennio 2021-2023 e stanziato 19 milioni di euro per l’attuazione degli interventi previsti per quest’estate. Un modello strutturato per permettere una azione capillare grazie all’individuazione della mappa cartografica del rischio. In Campania si è registrato un incremento degli incendi dal 19 luglio scorso: in quest’ultimo periodo la media regionale è passata dai 15 ai 30 incendi al giorno con punte anche di 44 in unico giorno. Sono 735 gli incendi che dal 15 giugno, data in cui è iniziato il periodo di massima pericolosità, hanno interessato il territorio regionale. Lo ha comunicato la Protezione Civile della Campania tracciando un bilancio di metà stagione.

Secondo il Professor Renzo Motta, Presidente della SISEF, “prevenzione significa diverse cose: poter contare su personale qualificato, dotato di attrezzature idonee e organizzato in strutture coordinate e pronte a risposte immediate; dotare il territorio a rischio incendi di viabilità e infrastrutture  di supporto alla lotta attiva (es. viali tagliafuoco); gestire il “combustibile” (la vegetazione infiammabile come erbe, arbusti, alberi e legna secca) con la selvicoltura preventiva ed il fuoco prescritto in modo da ridurre l’intensità e la velocità del fronte di fiamma e, nello stesso tempo, ridurre il rischio per chi vive nell’area o si impegna nelle operazioni di estinzione. Tutto questo però deve essere inserito anche in un contesto di coinvolgimento delle comunità locali e corretta informazione in quanto lo strumento principale di prevenzione e di lotta agli incendi è la creazione di un legame sociale, economico, emotivo tra tutti i portatori di interesse ed il bene bosco”.

Al contempo, come sostiene Legambiente, servono una pianificazione e una progettazione del ripristino ecologico e funzionale, dato che la ricostituzione post-incendio è una fase delicata del governo del fenomeno. Per fuoriuscire da un approccio meramente emergenziale e definire in fase di pianificazione territoriale le aree a priorità d’intervento e le soluzioni tecniche più adeguate. Infine, occorre una pianificazione urbanistica e incendi: auspicabile che nei prossimi anni la pianificazione urbanistica venga informata dai piani forestali d’indirizzo territoriale che identificano le aree esposte al pericolo incendi. Altrettanta attenzione deve essere indirizzata alla rete stradale per garantire la sicurezza della logistica dei mezzi di soccorso in caso d’incendi a elevata intensità, come quelli recentemente verificatisi.

Con Pnrr, come annunciato dal ministro Cingolani, è previsto l’uso di reti di satelliti europei, droni e osservazione a terra. I satelliti passano ogni quattro ore sullo stesso punto. Se si collezionano le immagini e si controllano, è possibile realizzare un monitoraggio efficace. Gli investimenti 3.2 del Pnrr per la digitalizzazione dei parchi possono essere, dunque, uno strumento molto utile anche per la prevenzione degli incendi boschivi.

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