Giuseppe Zarrella, l’avvocato -scrittore si racconta: “Scrivo per dispetto”

Pippo Zarrella

Giuseppe Zarrella nasce e vive in provincia di Salerno ed è un avvocato. In più, attualmente, sta svolgendo un dottorato in diritto del lavoro. Dopo aver trascorso anni a coltivare la propria passione per la scrittura, nel 2021 la Neo Edizioni pubblica il suo romanzo di esordio, Nero chiaro quasi bianco.

Per conoscerlo meglio, gli abbiamo chiesto come si descriverebbe in una frase e abbiamo compreso quanto la sua enigmatica personalità sia riflessa all’interno del suo primo romanzo. “Sono tante cose e non sono niente”, esordisce così Giuseppe Zarrella, detto Pippo, il quale poi ci rimanda ad una frase che gli sta molto a cuore, Nasce. Omissis.

L’intervistato vede quell’omissis come una pagina bianca da scrivere e riscrivere ogni giorno; da custodire lontano dagli occhi indiscreti, anche in considerazione del fatto che le cose che si omettono, che non si vogliono davvero esternare, sono le cose più importanti che delineano la vita di una persona.

Giuseppe Zarrella, uno scrittore “Nero chiaro quasi bianco”

Cosa ha significato per lei, negli anni, il dover conciliare la professione di Avvocato con la passione per la scrittura?

Si può scrivere giuridicamente per la professione di avvocato. Si può scrivere un romanzo e raccontare storie. Si scrivono storie prima per se stessi e poi per gli altri. L’obiettivo è liberare i personaggi rinchiusi nella mente e lasciarli vagare liberi nelle menti dei lettori.

“Scrivo per dispetto”: un Mantra o una visione ironica della sua vita da Avvocato-Scrittore?

“Scrivo per dispetto” è un mantra, una visione personale della mia vita che ho preso in prestito e rimodulato da una canzone dei “99Posse” e della “Nuova Compagnia di Canto Popolare”, Canto per dispetto.

Il suo romanzo d’esordio Nero chiaro quasi bianco. Quale significato si nasconde dietro questo titolo?

Ho provato a capire il colore delle bugie. Alcuni parlano di bugie bianche, quando alludono alle bugie di poco conto, a quelle che non ledono terzi e a loro dire sono dette “a fin di bene”. Partendo da questo, ho intuito che se esistevano bugie bianche, potevano esserci anche quelle nere, oscure che creano danni alle persone, che le infangano, quelle bugie proferite per interesse personale, per un tornaconto miserabile. Poi però ho intuito che, come tutte le cose, la soluzione è a metà strada, in equilibrio tra il bianco e nero. Il problema del nero è che non esiste una gradazione o una sua sfumatura nella scala Pantone. Il nero è nero. Quindi “nero chiaro quasi bianco” è una finzione, è un colore che non esiste, come le bugie calate nella realtà.

Nero Chiaro Quasi Bianco, il romanzo di esordio di Pippo Zarrella

Il protagonista di Nero chiaro quasi bianco è un cinico avvocato che ha come segni particolari l’avere nascosti numerosi scheletri nell’armadio. Si è mai rivisto nel suo personaggio o ha preferito creare un personaggio dal quale poter prendere nettamente le distanze?

L’avv. Ferrajoli è la sintesi di tutto ciò a cui un avvocato non deve aspirare e per questo, essendo l’opposto a volte si sfiora, si tocca con quello che sono. In fin dei conti, Ferrajoli è una persona sola che ha preferito la forma alla sostanza nei rapporti e nella vita. Chi può dire di non essere un po’ complice e vicino alla forma mentis di Oreste?

C’è chi dice che leggere significa vivere ogni giorno la vita e le disavventure di qualcun altro. Quanto è vera, secondo lei, questa poetica visione della narrativa e della letteratura?

Ti rispondo con un aforisma che ho letto in giro da qualche parte: “chi dice che non puoi acquistare la felicità, non è mai entrato in una libreria”. Immergersi nelle storie, diventare amico del Vecchio de “il vecchio e il mare” o provare ad aiutare il dottor Pereira di “Sostiene Pereira” in cambio di pochi euro (il costo di copertina di un libro), penso che sia un privilegio da custodire per sempre. Siamo uno, nessuno e centomila, ogni libro parla di noi, e noi, siamo un granello di quella storia scritta per noi.

Cosa direbbe, oggi, a quel giovane scrittore venticinquenne che scriveva racconti e sognava di pubblicare il suo primo romanzo?

Che il lavoro artigianale, quale è la scrittura, premia sempre. Che quando la strada non è segnata, bisogna cercarla, anche al buio e da soli. E poi, la cosa più importante: bisogna studiare. Sempre. È l’unico modo per elevarsi e uscire dallo stagno e nelle acque salmastre nelle quali siamo immersi.

Unire lavoro e passione, facendo dell’una l’essenza stessa dell’altro. Scrittura e diritto, lettura e legge, due lati della stessa medaglia che trovano perfetta armonia nella vita di uno scrittore avvocato, alle prese con un enigmatico romanzo di esordio.

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