Fake news in pandemia: la negligenza di Facebook nell’infodemia italiana

I dati, stavolta, non lasciano scampo a interpretazioni. In tempo di pandemia, le fake news fabbricate per disorientare l’opinione pubblica hanno approfittato di una corsia preferenziale sulle pagine di Facebook. Mentre l’Europa continua ad affrontare la terza ondata Covid, le indagini dell’organizzazione non governativa Avaaz dimostrano l’incapacità di Facebook di proteggere gli europei dal pericolo della disinformazione. Dall’analisi è emersa una netta disparità tra gli interventi per bloccare le bufale sull’epidemia negli Stati Uniti e quelli invece avvenuti nei Paesi europei.

Il report dimostra come circa il 56% delle fake news identificate tramite fact-checking in lingua inglese sono state fermate negli USA, percentuale che scende però appena al 26% per le lingue differenti. Non si tratta di un’analisi quantitativa ma qualitativa, e i risultati non variano molto da quelli riscontrati lo scorso anno. Anzi, Avaaz ha registrato un ulteriore peggioramento nel filtraggio delle fake news da parte di Facebook, soprattutto nelle lingue come l’italiano. La nostra lingua è quella con cui Facebook ha avuto maggiori problemi, come documentato dalle percentuali di fake news riconosciute che hanno continuato ad imperversare senza che il social network riuscisse autonomamente a riconoscerle come tali: italiano (69%), francese (58%), portoghese (50%). L’intelligenza artificiale, purtroppo, mostra le sue lacune con le lingue differenti dall’inglese, e gli algoritmi, compresi quelli di Facebook, sono addestrati in primo luogo sulla lingua per la quale esistono molti più testi.

Avaaz ha analizzato 23 differenti tesi del tutto fasulle in oltre 135 post visualizzati in Europa da milioni di persone. Un caso clamoroso, tutto italiano, corrisponde a un post pubblicato su Facebook il 3 gennaio a proposito di un articolo risalente al 31 luglio 2020. Nonostante tre processi di fact-checking lo abbiano bollato come indiscutibilmente falso, poiché riportante dichiarazioni di Bill Gates sui vaccini che lo stesso Gates non ha mai pronunciato, né ha mai presentato posizioni simili a quelle enunciate nel post, il 25 febbraio il post risulta ancora online con oltre 29 mila interazioni registrate. Una fake news diventata virale e in grado di ritagliarsi uno spazio nel dibattito politico. Fieno in cascina per quelle forze che si nutrono di un movimento contaminato da distorsioni cognitive e istinti verso il basso. Pronte a fornire, al cospetto della crisi economica generata dall’emergenza sanitaria, una risposta illiberale.

Un armamentario propagandistico derivante dalle più disparate teorie del complotto: dall’alterazione del Dna ad opera dei vaccini all’obbligo della mascherina dovuto all’acquisto in massa ed in eccesso delle stesse da parte degli Stati. Il post in lingua italiana che ha raccolto il maggior numero di interazioni aveva come titolo “OMS: NON è necessario indossare una maschera“. Non è noto quanti utenti abbiano segnalato il post ed in che misura le segnalazioni degli italiani incidano nei meccanismi di controllo del social network. Ancora oggi gli organismi di controllo e le organizzazioni internazionali chiedono la pubblicazione dei dati sugli interventi. I rapporti comunicati da Facebook, infatti, sono considerati ancora troppo generici. Toccherà ora alla Commissione Europea decidere come intervenire. E, alla luce delle ultime indagini, riuscire a tracciare linee guida efficaci in merito al codice di buone pratiche sulla disinformazione. Linee guida che verranno imposte ai colossi del Web.

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