“Ero diventata Premier”: l’undicesima puntata del romanzo di Cecilia Alfier

Dalle questioni locali bisognava partire, nonostante anche queste siano difficili da sbrogliare. Nel mio circolo siamo in pochi, divisi in sedici correnti, con rancori personali mai sopiti, nonostante le cose siano andate leggermente meglio col nuovo segretario. Per reazione, il vecchio segretario s’è incazzato ed è andato con Articolo1, che poi è diventato Liberi e Uguali.

Vi racconto più o meno com’erano le riunioni del PD quando entrai io, nel 2013.

SEGRETARIO: buonasera, ecco i punti all’ordine del giorno. La parola a Tizio1 che si era prenotato.

TIZIO1: grazie segretario, ma prima di passare all’ordine del giorno, è necessario un chiarimento. Chi ha nascosto le ciabatte di D’Alema nel 1993?

TIZIO2: Ancora? Abbiamo detto che è stato Tizio3.

TIZIO3: Io non c’entro nulla. Se l’è nascoste da solo.

Caos, discorsi senza senso. Tizio4 dà le dimissioni dal direttivo (che tanto è inutile), la volta dopo si ripresenta tutto pacifico, perché tanto le dimissioni erano solo orali e non valevano. Giuro, avrei potuto registrarle tutte le riunioni. Tutte uguali e ugualmente inconcludenti. Per questo mi fa ridere quando dicono che Renzi guida il PD in modo autoritario. Ma diventi autoritario per forza, perché ti girano le scatole. Se non ci fosse qualcuno che ad un certo punto riassume la linea del Partito, saremmo ancora a cercare quelle benedette ciabatte.

No, no, io cominciai il mio puzzle dal pezzo più grosso. Che fosse a Padova un giorno di fine ottobre 2016 lo seppi da Radio2. Prima avrebbe visitato il carcere, poi il palazzo Bo per un progetto del governo in collaborazione con l’università, per il contrasto alla fuga dei cervelli. “Ho un’ora per arrivare al Palazzo e beccarlo”. Afferrai la borsa, saltai a bordo di Speedy3 (la carrozzina elettrica) e uscii di casa a tutta velocità. Occhio, Ceci, parla fiorentino anche lui, cerca di non sbavare troppo.

I normo (come io chiamo i normodotati) accedevano alla sala del primo piano attraverso una semplice scala, dritta e diretta alla porta sul retro. Vedevano prima le poltrone, poi il palco e un enorme schermo per lo streaming. Io e Speedy naturalmente no. C’era un piccolo gradino un po’ in diagonale, per cui il poliziotto voleva aprirmi un’altra porta per raggiungere l’ascensore. La aprì e fu sorpreso di trovarmi già davanti all’ascensore.

“Ma il gradino, signorina…”

“Ah quello, normale amministrazione”

“Venga con me”.

Piano uno, detto piano di Dante. L’ascensore si apre, aule, aule, aula del rettore, gira a destra, a sinistra, di nuovo a destra, ecco i bagni: il simbolo dell’ometto in sedia a rotelle che dovrebbe indicare che è per disabili è una menzogna perché una maniglia vera non c’è. Quando l’ho usato mesi prima, ho dovuto aggrapparmi al termosifone per non cadere. E l’urina non veniva perché i muscoli erano contratti e intanto la mia mano si stava ustionando, perché era inverno e il termo era acceso. Sono riuscita solo dopo molto, poi sono tornata da Feltracco che parlava di terrorismo negli anni ’70. Se volete pisciare al Bo e non potete reggervi in piedi, pregate che sia estate.

Mentre ricordavo questo episodio il poliziotto andava avanti a passo spedito, fra teche di vetro e affreschi. Lo chiamai: “Signore”

“Mi dica, riesce a seguirmi?”                                                                                                           

“Certo, mi domandavo…Ma non mi controllate la borsa? Insomma, c’è Renzi, la tentazione di organizzare un attentato è forte”.

Il poliziotto mi guardò senza sorridere: “Lei non mi sembra il tipo”.

Per sicurezza gli mostrai il contenuto della borsa. Lui questa volta sorrise. “Se anche avesse una bomba lì dentro, non la troverebbe. Senza offesa, ma lei è troppo disordinata”.

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