“Ero diventata Premier”: la ventottesima puntata del romanzo di Cecilia Alfier

Ridicolo era una parola che ricorreva spesso nei miei momenti di crisi. Quando Salvini comparve nella mia visione, pensai che era proprio ridicolo, doveva mettersi la felpa con scritto “Bagno” ogni volta che va in bagno. Quando ci riempiva di psicofarmaci, dicevo sempre al mio amico Nicola: “Ricordati perché tutto questo è ridicolo”. Oppure definivo ridicoli altri casi: per esempio, pur essendo studentessa di scienze storiche, avevo comprato un manuale di storia illustrato per ragazzi. E chiedevo perché fosse ridicolo. Questa questione del ridicolo mi tornerà utile fra poco. A proposito di cose ridicole, ogni volta che mi sentivo male, dicevo: “Mi sento molto Donald Trump, chiamate il 911”. Il bagno era diventato la mia stanza di comunicazione con gli Stati Uniti. Scrivevo col dentifricio sullo specchio, messaggi che arrivavano direttamente negli States. Renzi ha scritto nel suo libro che gli specchi devono diventare finestre. Io avevo capito cosa Matteo volesse dire, prima che lo scrivesse, e lo stavo già facendo.

Credo che la mia ossessione per Harry Potter e la Maledizione dell’Erede fosse legata ad un’altra ossessione che coltivavo da anni: diventare madre. Era da quando avevo quindici anni che avevo cominciato ad amare Daniele, una piccola creatura che esisteva solo nei miei pensieri. Adesso è diventato Giovanni e non credo che lo cambierò. Giovanni, come Falcone e come Degli Innocenti. Purtroppo per il piccolo, potrebbe non esistere mai, per una questione platonica. Secondo Platone, gli individui aurei, quelli che controllano la società, perdono la capacità di riprodursi. E io ero una di loro. “Sciocchezze,” diceva il mio Matteo Renzi interiore “è pieno di politici con figli e anche tu lo sarai”.

“È impossibile per un essere umano normale sostenere tutto”

“Ma tu sei più che normale”

“Non posso rinunciare a Giovanni, è una voce che mi chiama nella testa”

“Una voce come la mia”

“Sì”

“E cosa dice?”

“Dice: mamma sbrigati, qui è tutto buio e io voglio venire fuori”

“Aspetta, aspetta il momento giusto, io aspetterò con te”

“Avrei bisogno della mia parte Silvio Berlusconi”

Matteo rise: “Silvio è morto ormai, ma puoi contare su di me”.

Intanto i candidati a padre di mio figlio, uno più improbabile dell’altro, facevano le loro vite distanti dalla mia. Avevo visto una foto di Axel su Facebook Era diventato padre. Non di un figlio, ma di un libro: PNL (programmazione Neurolinguistica) per gli scacchi. È una pappardella incredibile che ti spiega come dividere la tua giornata in modo da diventare Grande Maestro, una specie di cintura nera degli scacchi. Naturalmente lui c’è riuscito e racconta come. Ogni capitolo è impregnato di lui, così tanto che ogni volta che apro il suo libro mi sembra di avere Axel accanto a me, anche ora che non ci parliamo. Il libro si basa sul fatto che la preparazione dello scacchista è come un cerchio, diviso in otto spicchi, il mio preferito è “interpretazione della sconfitta”. Servirebbe molto al PD.

“L’interpretazione della sconfitta è l’unica cosa che ci serve di Axel al momento” disse saggiamente il mio Matteo. Ma io, guardando la foto di lui con PNL per gli scacchi, non potevo fare a meno di pensare a lui. Avevo visto la copertina in anteprima, me l’aveva mostrata lui, un giorno che ero passata a casa sua per meditare. C’era anche quel soprammobile della sua ragazza. Sì, mi ero anche data alla meditazione pur di far colpo. Ero proprio stupida. Lui e sua morosa erano appassionati di queste pratiche orientaleggianti. Si erano fatti traviare da Fil, il leggendario Fil. Vi ho parlato di lui, vero? Mi aveva insegnato che la parte sinistra del corpo simboleggia l’amore, la parte destra la potenza. Gran cosa eh? Su Fil ci torno dopo, perché l’ho evocato nella mia visione. Fil è per Axel quello che Degli Innocenti è per me. Con la differenza che Fil è un essere viscido, ci ho messo un po’ a capirlo.

Riproduzione riservata ©