“Ero diventata Premier”: la diciannovesima puntata del romanzo di Cecilia Alfier

Io, invece, se non fossi riuscita a organizzare la rivoluzione “comunista”, volevo diventare famosa per aver salvato i cervi. Romano, il padre del barista del quartiere, mi aveva chiesto di salvarli. Romano è nato a Livorno, ma vive a Padova da sempre, ha fatto il contabile tutta la vita, ma in realtà è un poeta mancato e questa sua sensibilità l’ha spinto a interessarsi ai cervi. Vivevano in sei femmine, due maschi e un bambi in un micro-recinto in un paese vicino a Borgo Padovano. Romano un giorno d’estate mi rapì e mi portò a vederli, mi disse che andavano trasferiti in un posto più grande, altrimenti il 31 dicembre sarebbero stati abbattuti. Erano bestie magnifiche, pensai a come sarebbero state buone nel ragù, ma pensai anche che il nostro comune avrebbe potuto ospitarne almeno quattro, nel parco dell’ex polveriera. Mi feci mandare anche tutti i regolamenti riguardo l’allevamento dei cervi. Volevo intervenire in consiglio sulla faccenda, ma non mi parve il caso. Ne parlai solo privatamente con l’assessore all’ambiente e lui mi disse che non era possibile, che l’ex polveriera aveva già troppi animali. Così, a dicembre 2016, i cervi stavano morendo e una parte di me voleva dimettersi. Ero turbata dalla cosa.

Forse avrei dovuto parlare dei cervi a Tommaso. Che poi la prima volta che ho visto Tommaso è stato in sala consigliare, ho pensato: Che ci fa uno così sui banchi della maggioranza? Lui è uno dei buoni! Ma soprattutto, cosa ci fanno degli occhiali verdi, che sembrano appena usciti da un cartone animato, sopra un completo giacca e cravatta. Forse so la risposta ora, quegli occhiali sono la sua via di fuga da un’adultità che lui non s’aspettava e che è arrivata all’improvviso. Me lo immagino: se ne stava tranquillo, nel suo mondo magico, quando suo padre gli dà uno schiaffo, lo costringe a mettere giacca e cravatta e lo accompagna a compilare il suo primo 740. “Bene, ora festeggiamo! Bevi qualcosa, Tommaso?” “Una coc…No, intendevo, una birra, no il vino, no anzi una birra avvinazzata”. E da quel giorno Tommaso è costretto a diventare un grigio uomo d’affari, di destra, oltretutto.

Fino a un pomeriggio fantastico in cui l’oculista lo informa che la sua miopia sta peggiorando e dovrà portare gli occhiali. E lui è lì, tutto contento di potersi concedere quell’unico gesto di ribellione. Qualche mese dopo il primo consiglio, ci siamo incontrati anche in una sede più consona a lui: al cinema, a vedere un film d’animazione, casualmente avevamo scelto lo stesso film alla stessa ora. Lui per lavoro guarda cartoni animati e decide quale personaggio mettere sulla calza della befana. Se il brand fallisce, l’invenduto viene recapitato a casa sua e lui e sua moglie si magnano tutto, non avendo marmocchi in giro per casa. Tommaso è stato l’unico di tutta la banda a mandarmi i fiori quando sono uscita dall’ospedale. “Sai, ero stufo di vedere il banco davanti a me vuoto” mi ha detto.

A dicembre 2016 ogni volta che lo vedevo gli chiedevo scusa del fatto che non era ancora riuscito ad avere figli, come se fosse colpa mia. Credo che io e Tommaso fossimo fidanzati in qualche vita precedente. Avevo inventato un gioco contorto, con tessere che si muovevano apparentemente a caso se non avevano nessun’altra tessera a destra o a sinistra, per fargli capire l’importanza di radici politiche e nella speranza di farlo passare dalla nostra parte.

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