“Ero diventata Premier”: la decima puntata del romanzo di Cecilia Alfier

Nel 2015 mi capitò per le mani un giallo molto divertente e coinvolgente, ambientato nel mondo dei tornei di scacchi di Urbino, si chiamava “Pessima mossa, maestro Petrosi!”[1] del giornalista Paolo Fiorelli. Non volevo leggerlo perché me l’aveva consigliato una brutta persona, il Grande Maestro AxelR.. All’epoca eravamo amici, ma io ero stufa di seguirlo in tutte le sue stramberie. Per cui avevo deciso di cominciare a dirgli qualche no, quindi avevo ignorato il suo consiglio di leggere questo libro, uno dei suoi preferiti. Ce l’avevo tanto con Axel per via di un’antica disputa, che si può facilmente riassumere: io volevo andare a letto con lui e decisamente lui non voleva venire a letto con me. C’era molto più di questo, è ovvio, ma non è il momento di parlarne adesso. Sta di fatto che “Pessima mossa, maestro petrosi!” capitò per caso sul mio cuscino, indipendentemente dalla mia volontà. Me lo regalò uno dei professori del liceo di mamma, insieme a una scacchiera portatile, con 32 caselle nere e 32 d’oro, finemente lavorata a mano, e “l’Alfiere Nero”, un racconto dei tempi della scapigliatura. Tutti i docenti che incontro si affezionano a me, dev’essere una specie di dote naturale. O una maledizione, dipende dai punti di vista.

Aprendo il libro di Fiorelli, mi ritrovai catapultata nel mio mondo, un torneo di scacchi. Solo che lo guardavo con gli occhi di un Grande maestro in crisi di mezza età, Achille petrosi, detto Aki. Il suo avversario dell’ultimo turno è morto ammazzato, ma lui ancora non lo sa e pensa che stia semplicemente ritardando. Il mistero è abbastanza banale, a patto di conoscere una leggenda che circola nel nostro ambiente. Si dice che Alexandr Alechin (uno dei grandi mostri sacri dello scacchismo mondiale) nel 1935, devastato dall’alcol, perse il titolo mondiale contro un avversario molto inferiore a lui e si ritirò a vita privata. Mentre si allenava a scacchi, chiuso in casa tutto il giorno, inventò un sistema per vincere sempre con il bianco. Quando uscì di casa, Alechin era invincibile. Era il 1937 e il metodo che avrebbe distrutto gli scacchi una volta per tutte venne nascosto. Dopo che il lettore ha capito che il mistero è connesso a queste dicerie (ci vogliono più o meno venti pagine), tutti i pezzi vanno rapidamente a posto. Dopo trenta pagine avevo capito che il mandante dell’omicidio era il Tal dei Tali (no spoiler). La vittima si era impadronita del manoscritto di Alechin, contenente il metodo segreto, e lo stava usando per vincere il torneo. Se fossi stata il mandante avrei fatto più o meno la stessa cosa, solo che magari avrei avuto il coraggio di sporcarmi le mani personalmente. No, il vero cuore del libro è il conflitto fra Achille e suo figlio Nicola, stronzo e isolato dall’umanità. Il conflitto è fisico, sulla scacchiera, oltre che metaforico. Più o meno la stessa idea che c’è dietro al mio Scacchi Proibiti, che nessuno ha apprezzato. Tranne Axel. Quindi, missione compiuta! Certo che gli è piaciuto, il suo personaggio salva gli scacchi e si scopa la bionda. Volevo dire, è un racconto di formazione molto profondo, leggetelo. Comunque, “Pessima mossa, maestro Petrosi!” contiene un’idea geniale che consiglio a tutti gli aspiranti scrittori: c’è un capitolo che si chiama “Sesso, finalmente”. Dovrebbe esserci in tutti i libri con una storia romantica. In questo modo, il lettore va direttamente a quel punto e non perde tempo. Tutta questa pappardella per dire che non sarei affatto male come detective.


[1] Nella nuova edizione stranamente ha cambiato nome, ora si chiama “Scacco matto con Delitto”. Discutibili scelte editoriali.

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