“Ero diventata Premier”, il romanzo di Cecilia Alfier su Paese Sud

Ero diventata Premier è un romanzo che nasce come progetto di chiusura del biennio alla scuola Holden, ma è molto più di questo, mi ha aiutata a elaborare una mia fase difficile. Il progetto ha avuto una menzione onorevole dalla giuria della Holden, vuol dire che perlomeno era una buona idea.

È il 4 dicembre 2016, si conclude la campagna elettorale per il referendum costituzionale, la vittoria del No è ormai scontata. Cecilia, 23 anni, consigliere comunale PD e appassionata di scacchi, dentro al seggio, comincia a vedere dei “messaggi dell’universo per lei”. Si convince di essere il nuovo leader del centrosinistra, ma invece di portarla da Mattarella per formare il governo, i suoi la fanno ricoverare, la notte fra il 6 e il 7 dicembre. La ragazza ci mette un po’ a capire dov’è finita, le persone che incontra non le sembrano reali, ma proiezioni della sua mente. Inizialmente l’ospedale, precisamente il terzo servizio di psichiatria, è un luogo inospitale da cui Cecilia cerca di scappare. Ma si trasforma velocemente in un posto con le sue leggi in cui la protagonista trova una sua dimensione: amici, possibilità di organizzare la rivoluzione comunista e persino l’amore, nella persona di Alin. Alin e lei si aiutano a vicenda a superare il momento di difficoltà (usando spesso gli scacchi come metodo di comunicazione). Alla fine, però, il mondo normale incombe.

La politica è un pretesto per raccontare una storia di crescita e amore, che spero possa piacervi, per quanto la protagonista creda sempre che l’Universo le ruoti intorno.

Uscirà a puntate (con anche una prefazione in forma di epistola) su Paese Sud, due volte a settimana. I fatti sono veri, ho cambiato solo qualche nome.

Prefazione in forma di epistola

Cara Cecilia,
dopo aver volentieri accolto la tua richiesta di scrivere una breve prefazione al tuo nuovo racconto, mi si sono aggrovigliate le sinapsi nella ricerca di una forma che fosse in sintonia con il tuo stile di scrittura, ma che lo fosse anche con le motivazioni profonde che sottendono questa tua ultima, per ora, avventura letteraria.
Alla fine, ho deciso per la classica, anche se ormai desueta, forma epistolare, quasi un ideale proseguimento delle centinaia di messaggi che ci siamo scambiati negli anni recenti.
Quindi, cara Ceci (nessuno al mondo, come dici anche tu, ti chiama Cecilia), ecco il mio tentativo di presentare ai possibili lettori, che non ti conoscono ancora, questo racconto, frutto di una lunga genesi, di molti ripensamenti, di modifiche e aggiustamenti.
Era giusto un anno fa, quando mi hai inviato la prima parte: una storia che mi piacque subito, non solo per lo stile, ormai consolidato dopo le prove del passato, ma per quella capacità, che è una delle caratteristiche peculiari della tua scrittura, di collegare fatti realmente accaduti, pensieri personali e anche riflessioni politiche, percorrendo avanti e indietro il tempo, con un effetto che prende subito la mente di chi ti legge e gli fa venire voglia di chiedersi: e adesso che cosa si inventerà la fanciulla?
Cara Ceci, so perfettamente che non hai inventato nulla: ciò che hai scritto è realmente avvenuto, i pensieri che esprimi sono quelli che hai pensato, le emozioni che racconti sono quelle che hai provato tu personalmente, non quelli di personaggi frutto della tua fantasia. Il tuo libro non si legge: vi si entra dentro. Se si trova il giusto approccio, è come scendere un fiume a nuoto, un fiume a volte placido, a volte impetuoso, con una miriade di isolette che spuntano lungo il percorso: sono le brevi battute conclusive, spesso corrosive, di un discorso che solo allora si capisce perché è stato fatto, e perché proprio in quel modo.
E poi, a un certo punto, invece che nella corrente di un fiume, ci si ritrova immersi in un mare enorme, profondo e scuro. Ed esce un altro modo di scrivere. Non ci sono più tante battute ironiche e sarcastiche e i teatrini sociopolitici, ma solo un raccontare essenziale di fatti ed emozioni forti, che a volte, ci lasciano addirittura sgomenti.
Ma anche in questo mare oscuro, cara Ceci, la tua vera natura non può trattenersi dall’uscire allo scoperto, anche se con toni un po’ meno sarcastici, ma sempre sottilmente ironici che, anzi, scendono più in profondità, permettono di considerare le situazioni descritte, o anche solo evocate come sogni, con maggiore empatia.
Un ultimo pensiero, per concludere, Ceci. Rileggere il tuo libro mi ha emozionato come la prima volta: mi sento di dire che questo è un segnale importante per comprendere che ciò che scrivi ha questo potere di entrare nella mente e nel cuore delle persone, di lasciarvi un segno permanente, di sollecitare il desiderio di rileggere qualche passo, qualche battuta e di riderci sopra come se fosse la prima volta. Credo sia questo che fa di te una vera scrittrice.
Con grande stima e tantissimo affetto.
Roger

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