Decessi, poche nascite e crollo delle migrazioni: l’epidemia accentua la crisi demografica

Al 31 dicembre 2020 la popolazione residente è inferiore di quasi 384 mila unità rispetto all’inizio dell’anno, come se fosse sparita una città grande quanto Firenze. Gli effetti negativi prodotti all’epidemia Covid-19 hanno amplificato la tendenza al declino di popolazione in atto dal 2015. Il declino demografico avviatosi dal 2015 è stato accentuato dagli effetti che l’epidemia Covid-19. Alle conseguenze dirette del virus dovute ai decessi si sono aggiunte le ripercussioni che le misure, volte a contenere la diffusione dei contagi, hanno prodotto sulla vita delle persone (restrizioni di movimento, interruzione totale o parziale di attività lavorative, limitazione nel numero di partecipanti alle cerimonie).

L’Italia è stata tra i primi Paesi dell’Unione europea in cui la presenza del Covid-19 si è manifestata. La
diffusione dell’epidemia è stata caratterizzata da tre fasi: il periodo da fine febbraio a fine maggio (prima
ondata), contraddistinto da una rapidissima ascesa dei contagi e dei decessi, entrambi concentrati soprattutto nel Nord del Paese; una transizione (da giugno a settembre) con un rallentamento dei contagi per effetto delle misure di contenimento su scala nazionale adottate nella primavera (lockdown); Una seconda ondata epidemica, a partire dalla fine di settembre 2020, con una drammatica riacutizzazione dei casi e un incremento dei decessi su tutto il territorio nazionale.

Il record negativo di nascite dall’Unità d’Italia registrato nel 2019 è di nuovo superato nel 2020: gli iscritti in anagrafe per nascita sono stati appena 404.104, quasi 16 mila in meno rispetto al 2019 -3,8%). La geografia delle nascite mostra un calo generalizzato in tutte le ripartizioni, più accentuato al Nord-ovest (-4,6%) e al Sud (-4,0%). I tassi di natalità pongono la provincia autonoma di Bolzano al primo posto con 9,6 nati per mille abitanti e la Sardegna all’ultimo con il 5,1 per mille. In tutti i mesi del 2020 si registrano valori percentuali inferiori a quelli dello stesso periodo del 2019, ad eccezione di febbraio con il 4,5% in più, in parte dovuto al giorno in più nel calendario 2020. Il calo delle nascite si accentua nei mesi di novembre e soprattutto di dicembre (-10,3%), il primo mese in cui si possono osservare eventuali effetti della prima ondata epidemica. L’andamento delle nascite nel corso del 2021 consentirà di avere un quadro più nitido delle conseguenze della crisi economica.

Le ragioni della denatalità vanno ricercate anche nei fattori che hanno contribuito al trend negativo dell’ultimo decennio (progressiva riduzione della popolazione in età feconda e clima di incertezza per il futuro). Il senso di sfiducia generato nel corso della prima ondata, soprattutto al Nord, può aver portato
alla decisione di rinviare la scelta di avere un figlio. Al contrario, il clima più favorevole innescato nella fase di transizione può avere avuto effetti benefici transitori, poi annullati dall’arrivo della seconda
ondata.

Il quadro demografico del nostro Paese ha subito un profondo cambiamento a causa dell’impatto che
il numero di morti da Covid-19 ha prodotto sia in termini quantitativi che geografici. Nel 2020 i decessi
in totale ammontano a 746.146, il numero più alto mai registrato dal secondo dopoguerra, con un aumento rispetto alla media 2015-2019 di oltre 100 mila unità (+15,6%). Se nei mesi di gennaio e febbraio 2020 i decessi nel complesso sono stati inferiori di circa 7.600 unità rispetto a quelli registrati in media nello stesso bimestre degli anni 2015-2019, dall’inizio della crisi sanitaria (marzo 2020) a fine anno si è osservato un eccesso di morti del 21% rispetto alla media dello stesso periodo dell’ultimo quinquennio. I decessi Covid-19 sono stati quasi 76 mila, il 10,2% dei decessi totali a livello medio nazionale (il 70% dell’eccesso complessivo). Il Nord, con il 14,5% sul totale dei morti, registra il maggior peso percentuale, il doppio rispetto al Centro (6,8%) e al Mezzogiorno (5,2%).

Nel corso del 2020 si contano in totale 1.586.292 iscrizioni in anagrafe e 1.628.172 cancellazioni. Mettendo a confronto l’andamento dei flussi migratori nelle quattro fasi in cui si può dividere convenzionalmente il 2020 (pre-Covid, prima ondata, fase di transizione, seconda ondata) con la media
dei corrispondenti periodi degli anni 2015-2019, emergono significative variazioni. I movimenti tra comuni, che hanno coinvolto circa 1 milione e 300 mila persone, dopo una variazione positiva registrata nei mesi prima dell’emergenza sanitaria (+8,4% le iscrizioni e +7,1% le cancellazioni), si riducono drasticamente durante la prima ondata (-35,3% le iscrizioni e -36,9% le cancellazioni) a causa del lockdown di marzo che ha ridotto al minimo la mobilità residenziale. Durante la fase di transizione si ha una ripresa che riporta i trasferimenti tra comuni ai livelli di incremento pre Covid (+8,3% le iscrizioni e +4,7% le cancellazioni) mentre nel corso della seconda ondata, senza blocchi generalizzati alla mobilità l’impatto è stato poco rilevante (+5,8% iscrizioni e +6,2% cancellazioni).

Le ripercussioni sono state molto più rilevanti sui movimenti migratori internazionali. Le iscrizioni dall’estero (220.533 nell’anno 2020), già in calo nel 2019 per la componente straniera, mostrano una diminuzione nei primi due mesi dell’anno (-8,8%) per poi crollare durante la prima ondata (-66,3%) e recuperare lievemente (ma sempre con una variazione negativa) nel corso dell’anno (-23,3% nella fase di transizione e -18,2% nella seconda ondata). Le cancellazioni verso l’estero (141.900 in totale), invece, evidenziano uno slancio di partenze nella fase pre-Covid (+20%), una consistente riduzione durante la prima ondata (-37,3%), una lievissima ripresa durante la fase di transizione (+0,8%) e un ulteriore crollo in corrispondenza della seconda ondata (-18,4%).

Crolla il numero dei matrimoni celebrati: 96.687, -47,5% sul 2019 (-68,1% i matrimoni religiosi e -29% quelli con rito civile).

Fonte: dati Istat

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