Mentre l’Italia intera discuteva sulle sorti del tanto discusso Ddl Zan, poche ore prima in Senato veniva dato il via libera ad un altro Disegno di legge, quello dedicato ad un tema politico e sociale altrettanto importante, le pari opportunità tra uomo e donna sul luogo di lavoro.
Dopo interi decenni di dibattiti in riferimento all’ormai noto Gender Pay Gap, la commissione Lavoro di Palazzo Madama ha approvato all’unanimità la norma sulla parità salariale, senza modifiche rispetto al testo accolto dall’aula della Camera appena due settimane prima.
Possono cantare vittoria le deputate Pd Chiara Gribaudo e Valeria Fedeli, le quali avevano pochi mesi fa proposto una serie di modifiche al Codice sulle pari opportunità, con l’intento di contrastare il fenomeno del Gender Pay Gap.
Agli incentivi per le assunzioni di personale femminile e agli sgravi fiscali fino a 50mila euro per chi adotta politiche utili a conciliare tempi di vita e di lavoro delle lavoratrici, si aggiunge l’introduzione di una certificazione biennale obbligatoria in cui dovranno essere indicate le condizioni contrattuali di ogni dipendente. Questa modifica interesserà tutte le medio e grandi imprese con più di cinquanta dipendenti e servirà da un lato a premiare le realtà imprenditoriali che si impegnano nel concreto a ridurre il divario di genere, dall’altro, a punire con una sanzione pecuniaria chi da oggi in poi dichiarerà il falso.
Ddl “Gender Pay Gap”: parità salariale e sfide sociali del Mezzogiorno
Il problema della disparità salariale riguarda in misura maggiore il Mezzogiorno, non solo a causa di motivi di natura economica, ma anche e soprattutto per radicate abitudini di natura sociale.
Come riportano i dati dell’Osservatorio dell’Istituto di Studi Superiori Giuseppe Toniolo, la differenza tra il tipo di impiego e il salario dei giovani lavoratori e delle giovani lavoratrici è tuttora ancora molto marcata.
Figlia di una mentalità retrograda, la situazione lavorativa nel Sud Italia registra ancora troppe donne costrette ad accettare salari molto più bassi rispetto a quelli dei rispettivi colleghi uomini (disparità che talvolta raggiunge fino al 40% in meno); pena l’esclusione dal mondo lavorativo e la relegazione tra gli ambienti domestici.
Ulteriori problematiche sorgono quando una giovane coppia decide di mettere su famiglia. Molte giovani lavoratrici, infatti, trovano proprio nel Gender Pay Gap uno dei maggiori ostacoli che si frappone tra il lavoro e la cura dei bambini. Vige infatti, in molti casi, la formula del “non ne vale la pena”, perché se non si riesce a raggiungere lo stipendio che, per le medesime ore lavorative, raggiungerebbe un marito o un compagno, allora non vale la pena sacrificarsi. A questo scenario si aggiunge, inoltre, la quasi totale assenza del congedo parentale dedicato ai giovani padri i quali, diversamente dalle neomamme, non godono del periodo di pausa dal lavoro dopo la nascita di un figlio.
Azzerare millenni di abitudini con un Ddl sarebbe impensabile, ma il Disegno di legge approvato in Senato, grazie ad alcune condizioni contrattuali più favorevoli, potrebbe essere il primo passo verso un fondamentale e radicale cambiamento e potrebbe aprire la strada a nuove riforme.