Coronavirus, la testimonianza degli studenti Unisa in Erasmus

Erasmus

Il programma Erasmus, nato nel 1987, accoglie ogni anno numerosi studenti – provenienti da ogni parte d’Europa – desiderosi di vivere un’esperienza formativa all’estero e approfondire l’uso delle lingue straniere, venendo a contatto con altre culture. Anche quest’anno, tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020, centinaia di giovani studenti, armati di coraggio e desiderio di esplorare, hanno preso le proprie valigie e sono partiti alla volta di Paesi Europei quali la Spagna, la Germania, la Polonia, La Gran Bretagna (la quale resterà nel programma Erasmus fino al 2021) e non solo.

I sogni di tanti giovani sono stati però infranti dall’arrivo, inatteso e devastante, della Pandemia che ci costringe, da settimane, a restare isolati nelle nostre case per evitare il contagio. Ci siamo chiesti come gli studenti dell’Università degli Studi di Salerno stiano affrontando questa situazione d’emergenza, lontani dal loro Paese e dalle loro famiglie. Dopo aver raccolto alcune testimonianze abbiamo compreso che alcuni, per ovvie cause, hanno deciso di interrompere l’esperienza all’estero e, grazie all’aiuto della Farnesina, sono tornati in Italia; altri invece hanno pensato di restare ancora un po’ nel Paese ospitante, nell’attesa che si calmino le acque.

Coronavirus, studenti Unisa in Erasmus. Dalla Polonia alla Spagna per fare ritorno in Italia

Cinque studenti dell’Università degli Studi di Salerno ci hanno raccontato la loro esperienza a partire dallo scoppio della Pandemia e dalla chiusura delle università, fino alla proclamazione dello Stato di Emergenza, per poi spiegarci in quali condizioni vertono i Paesi che avevano scelto come meta Erasmus. Dopo una breve panoramica della Polonia e della Spagna, siamo tornati in Italia per raccontare le sensazioni e la testimonianza di due studentesse colombiane, ospiti dell’Ateneo di Salerno e in isolamento dal 9 marzo. C’è angoscia nelle loro parole, preoccupazione, ma anche molto ottimismo e speranza per il futuro.

Luca Ambrosino ha 27 anni, è originario di Pontecagnano e frequenta il corso di Laurea Magistrale di Filosofia.

Qui in Polonia la situazione è pressoché stabile, ma i casi continuano a crescere. In pochi giorni siamo passati da circa 900 a circa 1770 contagiati e, in sole due settimane, le misure precauzionali sono diventate sempre più restrittive. A poco a poco siamo finiti in isolamento, ognuno all’interno del proprio dormitorio. Nella regione in cui vivo, attualmente, i casi sono circa 50, ma non tutte le attività sono state sospese, dato che la chiusura degli esercizi non è ancora totale, ma sarà graduale. Dalla finestra della mia stanza, che affaccia sul cuore della città di Danzica, riesco ancora ad intravedere i pennacchi di fumo di alcune fabbriche e il traffico, per le strade, non sembra essere diminuito. I miei compagni ed io siamo sempre molto attenti alla situazione emergenziale in Italia e possiamo confermare che, in questo momento, l’Italia è diventata maestra per l’Europa. Molto presto saranno infatti adottate anche qui misure restrittive su modello italiano. Per ora restano chiusi esclusivamente scuole, università, parchi e luoghi di svago.

All’inizio dell’emergenza, quando l’Italia si avviava verso il periodo di isolamento – parlo dunque dell’ultima settimana di febbraio, inizio marzo – alcuni dei nostri dormitori sono stati trasformati in unità ospedaliere e molti ragazzi sono stati spostati in altre zone della città, in alcuni casi anche lontano dall’Università. Questo stato di allarme ha generato una reazione a catena di ansia e panico da parte di molti studenti, in particolare per noi italiani, bombardati continuamente come eravamo da notizie negative provenienti dal nostro Paese. Vuoi per la preoccupazione, vuoi perché spinti dai genitori, molti giovani studenti italiani hanno infatti preferito lasciare la Polonia per tornare a casa. La Farnesina, con l’aiuto dell’Università, ha organizzato un volo di emergenza verso la prima settimana di marzo per tutti gli italiani che volessero lasciare la Polonia.

Prima di proseguire con il suo racconto, Luca Ambrosino ci ha parlato di una ragazza romana, una studentessa con la quale aveva stretto un profondo legame di amicizia. La giovane amica, presa dal panico e suggestionata dalla situazione che la famiglia stava vivendo in Italia, ha deciso di prendere il volo d’emergenza per fare ritorno a Roma. Luca, dal canto suo, fa invece parte di quel gruppo di studenti il quale, per motivi legati alla salute delle loro famiglie, ha preferito restare in Polonia fino a quando la situazione non si sarà calmata.

Pochi giorni fa – continua lo studente di Filosofia – hanno iniziato ad organizzare un nuovo volo, questa volta tramite aerei commerciali, per permettere a tutti coloro i quali vivono situazioni di particolare disagio di tornare a casa. Personalmente, ho deciso di restare qui almeno fino all’inizio di giugno per non mettere a repentaglio la salute della mia famiglia. Ho sentito che in Italia molti genitori di ragazzi provenienti dal Nord o dall’estero sono risultati positivi. È esattamente questo ciò che desidero evitare.

Sono venuto in Polonia, precisamente a Danzica, all’inizio del mese di febbraio per approfondire la conoscenza della lingua inglese e raccogliere alcuni dati di ricerca per la mia Tesi di Laurea Magistrale. Il progetto, al quanto complesso, riguarderà il miglioramento delle capacità umane a livello bio ingegneristico e bio meccanico. Per ora, attraverso le consultazioni online, sto approfondendo la nozione di perfezionamento, ma il vero lavoro lo concluderò una volta tornato nel mio Paese. Il mio Erasmus dovrebbe terminare il 20 giugno, ma conto di convalidare prima la mia ricerca e rientrare verso la prima settimana di giugno. Quello che mi auguro è di vivere appieno il mese di maggio, dato che sto trascorrendo in isolamento gran parte della mia esperienza culturale. L’ottimismo e il pensiero che i miei cari stiano bene sono l’unica cosa che, ora come ora, mi aiuta a restare tranquillo e a vivere qui.

Città di Danzica, Polonia

Stefano Perrone ha 25 anni e studia Economia all’Università di Salerno.

Dall’11 febbraio vivo e studio a Varsavia, in Polonia, come da programma Erasmus. Purtroppo, dopo solo un mese dall’inizio della mia esperienza formativa, a causa della diffusione del Covid-19, la nazione ha dichiarato lo Stato d’emergenza e dal 12 marzo l’università, i musei e tutti i luoghi di svago della città sono chiusi, ma solo dalla settimana scorsa ci è stato imposto di non lasciare i nostri dormitori. Nonostante alcune limitazioni, noi studenti qui possiamo ancora vederci e scambiare qualche parola, quindi all’interno dei dormitori la situazione è piuttosto “accettabile”.

Buona parte degli studenti Erasmus è tornata nei rispettivi Paesi per varie motivazioni, dalla paura ai motivi familiari. Personalmente ho deciso di restare qui, a Varsavia, almeno fino a che la situazione in Italia non sarà migliorata. Non vorrei rischiare di contrarre il virus durante il viaggio e infettare la mia famiglia. Naturalmente non so fino a quando resisterò a questa situazione di quasi totale chiusura. La diffusione del Virus ha scoraggiato parecchio noi studenti Erasmus, perché ci ha limitato parecchio nel vivere questa esperienza. Tornare in Italia però, ora come ora, non è affatto semplice. La Polonia ha chiuso i confini e sospeso i voli di linea, dunque dobbiamo affidarci alla Farnesina, la quale dopo aver organizzato un primo volo, partito il 23 marzo, sta cercando di far partire altri ragazzi attraverso voli commerciali.

Nel frattempo, noi studenti continuiamo a seguire i corsi online, curati dall’Università di Varsavia, esattamente come sta accadendo in Italia. Personalmente non amo questo metodo, ma tutti noi ci stiamo adattando e cerchiamo di seguire per non restare indietro. La riapertura delle università è prevista per il 15 aprile ma, considerando l’aumento – seppur graduale – dei casi di Covid-19, molto probabilmente la chiusura sarà prorogata fino al mese di maggio. Purtroppo viviamo un po’ nell’incertezza perché non sappiamo come si evolverà tale situazione emergenziale nel corso delle prossime settimane. Ci resta la speranza che questo incubo finisca al più presto, soprattutto per il mio Paese.

Esther Punzi ha 21 anni, è originaria di Capezzano e frequenta la facoltà di Chimica. A differenza dei primi due studenti che ci hanno offerto la propria testimonianza, Esther ha deciso di interrompere il proprio Erasmus in Spagna – a Cordoba – e di tornare a casa.

Sono tornata in Italia perché in Spagna non mi sentivo sicura – esordisce Esther – La situazione era stata sottovalutata ed è peggiorata in pochissimo tempo. Ero partita per l’Erasmus a settembre e, dopo aver concluso i primi sei mesi, avevo chiesto una proroga. Fino a che il virus non è arrivato in Italia mi sentivo abbastanza serena, ma quando ho cominciato a sentire alcune notizie provenienti dal nostro Paese, mi sono resa conto di quanto la Spagna stesse sottovalutando la situazione. Ho iniziato a preoccuparmi davvero molto, sia per me che per la mia famiglia quando in Italia, all’inizio del mese di marzo, è stato proclamato lo stato di emergenza. In spagna non è stata presa alcuna misura precauzionale fino al 13 di marzo, data in cui la situazione appariva già disastrosa. Essendo a conoscenza della situazione emergenziale in Italia, ho cercato di restare quanto più possibile in casa, ma vivevo in un appartamento condiviso con molte altre persone e, per quanto cercassi di disinfettare e pulire, era davvero difficile evitare contatti con gli altri. Ora che sono a casa mia, in isolamento a Capezzano, leggo notizie sui principali quotidiani spagnoli che mostrano condizioni davvero critiche e so che la sanità è molto vicina al collasso.

Il 13 marzo sono state chiuse scuole e università ma, nonostante la notte tra il 14 e il 15 marzo sia stato proclamato lo stato di emergenza, fino alla scorsa settimana le persone hanno continuato ad affollare i luoghi pubblici e a vivere le proprie vite come se nulla stesse accadendo. Ho preso la decisione di tornare in Italia quando ho saputo che la Farnesina stava organizzando un volo di emergenza per noi studenti italiani ed è stato in aeroporto che ho potuto ulteriormente constatare la quasi totale assenza di misure precauzionali da parte del governo spagnolo, come l’impossibilità di mantenere la distanza di sicurezza o l’inutilizzo di mascherine da parte del personale e delle Hostess.

Grazie alla testimonianza di Keity Henao Parra, 20 anni e Marcela Escarpeta Ayala, 21 anni, torniamo invece in Italia. Keity e Marcela sono due studentesse colombiane, trasferitesi qui in Italia nel mese di novembre 2019. Abbiamo pensato di chiedere loro come stiano vivendo questa situazione di totale isolamento, considerando le misure restrittive adottate lo scorso 9 marzo dal nostro governo.

Studiamo entrambe giornalismo e comunicazione sociale e, nel mese di novembre 2019 abbiamo iniziato a frequentare, qui all’Università di Salerno, il corso di laurea magistrale in Comunicazione Corporative and Media.

La situazione è un po’ complessa e lo è ancora di più per noi che siamo stranieri e non abbiamo le nostre famiglie accanto. Abbiamo accettato di buon grado le misure precauzionali, il divieto di uscire, l’obbligo di mantenere le distanze e di rispettare l’igiene per prevenire il contagio. Speriamo che l’Italia e il resto d’Europa escano presto da questa situazione, poiché il nostro desiderio, dopo essere venute a studiare in Italia, era di poter conoscere l’intero Paese, le sue culture, i suoi costumi, arricchirci intellettualmente. Questa triste emergenza ci impedisce di incontrare persone e ci obbliga a seguire i corsi online, curati dall’Università.

Solo nos queda esperar que está situación que tiene al mundo tan afectado, pase pronto y podamos volver a nuestras vidas normalesPossiamo solo sperare che questa situazione che ha colpito il mondo finisca presto e ci auguriamo di tornare alle nostre vite normali – concludono le due studentesse Colombiane, augurandosi che tutto passi quanto prima per poter tornare a vivere la quotidianità all’interno del Campus Salernitano.

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