Speravano di rientrare in servizio già con l’inizio dell’estate, come previsto dall’ultimo decreto legge e come annunciato a più riprese in campagna elettorale dal governatore De Luca, ma dopo 10 mesi di tirocinio la Ripam ha disposto un altro esame a giugno e per i 1865 risultati idonei nell’ambito del concorsone della Regione Campania, attualmente impegnati in un percorso formativo, si profila una prova scritta che appesantisce un percorso già accidentato e caratterizzato dall’incertezza di un’ulteriore selezione. Con il rischio, per i borsisti, di vanificare i sacrifici compiuti affrontando una lunga trafila e un tirocinio impegnativo, e per gli Enti di disperdere l’investimento sulla formazione. Senza considerare il fattore tempo e la necessità di procedere con l’assunzione del personale già formato presso gli Enti aderenti al Piano per il lavoro entro l’inizio dell’estate.
La semplificazione delle procedure di reclutamento del personale è coerente con gli obiettivi e le indicazioni del Ministero per la Pubblica Amministrazione in merito allo svolgimento dei concorsi: l’ulteriore prova scritta rallenterebbe ingiustificatamente l’iter concorsuale, e sarebbe quindi contraddittoria rispetto alle finalità di accelerazione delle procedure.
Un concorso iniziato ad Agosto del 2019 e che si appresta a compiere due anni. Un percorso strutturato, in cui i partecipanti hanno affrontato una preselettiva, una prova scritta, una fase di formazione, una tesina di fine formazione (quest’ultima non valutativa ma comunque prevista ai fini dell’idoneità). E adesso la beffa di una nuova prova scritta. “C’è un problema di precarietà, ci sono persone con famiglia, l’età media è anche abbastanza alta rispetto alla classica immagine del concorsista neodiplomato o neolaureato, che hanno fatto rinunce o si sono messi in aspettativa per cogliere l’occasione di concorrere per un posto a determinato”, spiega a Paese Sud un corsista che preferisce, per ragioni comprensibili, rimanere nell’anonimato. “A fine maggio termina la fase di formazione e non si conosce la durata di questa prova scritta: di sicuro allungherà i tempi, arriveremo alla fine dell’estate e con la fine del tirocinio ci ritroveremo senza una fonte di guadagno per qualche mese”.
Intanto cresce la mobilitazione. Nelle manifestazioni di questi giorni, i borsisti possono contare sul sostegno dei sindaci del territorio, che attraversano una fase di gravi difficoltà nell’erogazione dei servizi alla cittadinanza per i vuoti esistenti nella pianta organica. La decisione di mantenere la prova scritta contrasta con le esigenze dei Comuni, soprattutto quelli delle aree interne, che hanno partecipato al concorso come Enti ospitanti e che oggi lamentano l’impossibilità di poter usufruire di personale già formato per i prossimi mesi. La protesta comprende i sindacati, che chiedono la piena applicazione dell’art. 10 del D.L. 44/2021, in base al quale il concorso può considerarsi concluso, essendo la prova scritta già stata espletata ed eliminando quella orale, e si avvale dell’intervento dell’Anci Campania, nei giorni scorsi impegnata a recapitare ai ministri Brunetta e Carfagna e al governatore De Luca una nota in cui si esortava all’accelerazione dei tempi procedurali e allo snellimento delle procedure mediante l’eliminazione delle restanti prove finali.
Un’altra nota nota dolente riguarda il numero dei posti. Il concorso è stato bandito per 2200 posti e in questo momento gli idonei sono 1865, una cifra abbondantemente al di sotto rispetto ai posti messi a concorso. Chiudendo adesso la fase concorsuale, assumendo tutti, mancherebbero all’appello comunque centinaia di posti. “Non si capisce, dunque, perché far sostenere un’ulteriore prova selettiva e con il rischio concreto per decine di persone di non riuscire a superarlo”. A tal proposito sarebbe auspicabile un eventuale allargamento dei posti a concorso, attraverso una riconsiderazione della lista degli idonei. I sindacati, invece, hanno chiesto la definitiva risoluzione del problema dell’assorbimento dei borsisti nei pochi profili in sovrannumero, attraverso l’aggiornamento dei fabbisogni di personale.
Le apprensioni dei tirocinanti si concentrano sul rischio concreto di non riuscire a prepararsi adeguatamente per una prova che non era più prevista. Non può sfuggire l’evidente distanza ravvicinata tra la fine del periodo di formazione e la data in cui verrà fissata una prova che, allo stato, prevede ancora uno sbarramento minimo di 21 punti. “Lavorando sei ore al giorno per quattro giorni a settimana, il tempo per studiare scarseggia. Come si può sostenere una prova ai primi di giugno e lavorare fino al 29 maggio, in presenza o da casa, senza ridurre drasticamente i tempi di studio?”.