Ciclismo: un weekend destinato ad entrare nella storia

È difficile spiegare perché il ciclismo, nell’arco di pochi decenni, sia passato dall’essere uno degli sport più seguiti in Italia ad essere considerato uno sport per anziani o, ancora peggio, per “sfigati”.

Eppure il ciclismo, per tanti aspetti, può essere considerato lo sport per eccellenza: uno sport in cui, nonostante in linea di principio si gareggi in squadra, l’atleta è completamente solo.

O meglio, si trova in compagnia di sé stesso: delle proprie paure, dei propri sogni, dei propri pensieri e dei propri istinti.

Chiunque sia appassionato di ciclismo sa benissimo che questo weekend è destinato ad entrare nella storia principalmente per due ragioni: il ritiro dal professionismo di Vincenzo Nibali e il record dell’ora del Pippo Ganna.

Ma andiamo per ordine.

Giusto per intenderci, Vincenzo Nibali non è e non è stato un semplice ciclista, è stato uno dei ciclisti italiani più forti e vincenti della storia, nonché uno dei più completi nella storia mondiale del ciclismo.

Soprannominato “Lo Squalo dello Stretto” per la sua innata propensione all’attacco e allo spettacolo, Nibali vanta all’interno del proprio palmares una Vuelta di Spagna nel 2010, due Giri d’Italia nel 2013 e nel 2016 e un Tour de France nel 2014.

In compagnia di giganti come Merckx, Gimondi ed Hinault è tra i soli riusciti nell’impresa di vincere, oltre ai tre grandi giri, anche due classiche monumento differenti: il Giro di Lombardia nel 2015 e nel 2017 e una Milano-Sanremo nel 2018, oltre ad essersi aggiudicato due campionati italiani di linea, nel 2014 e nel 2015, e ad trionfato per due volte alla Tirreno-Adriatico, nel 2012 e 2013.

Il ritiro di Nibali lascia un vuoto non indifferente all’interno del mondo ciclistico mondiale e soprattutto italiano, con quest’ultimo che nel frattempo non è riuscito a sfornare dei talenti potenzialmente capaci di ripercorrere le orme del siciliano.

Ora l’uomo copertina del movimento ciclistico azzurro è uno solo.

Stiamo parlando di Pippo Ganna che dopo una stagione tra alti e bassi, in cui ha probabilmente deluso un po’ le aspettative, è riuscito in una delle più grandi imprese che possano essere compiute nello sport mondiale: il record dell’ora.

L’obiettivo della competizione è semplice: percorrere la maggior distanza possibile in un’ora.

Sembrerebbe un’impresa tutto sommato semplice, se non fosse che nel corso di più di un secolo tutti i migliori ciclisti della storia si sono confrontati con questa prova, alcuni con successo, altri con dei clamorosi fallimenti.

Tanto per intenderci, il primato dell’ora è appartenuto a mostri sacri del ciclismo mondiale come Merckx – il cui record è durato 28 anni – e Coppi ma l’impresa compiuta recentemente da Pippo Ganna pare di un altro livello.

Certo, stiamo parlando di epoche diverse, in cui non c’era la preparazione attuale dal punto di vista fisico, in cui i materiali erano diversi e non c’era l’ossessione odierna per l’aerodinamica e la perfezione stilistica, ma la sensazione è che Ganna abbia portato il record su un livello difficilmente raggiungibile da altri esseri umani, almeno per un po’.

Perché percorrere 56,792 km in un’ora e avvicinarsi alla soglia dei 57 km ha ben poco di umano.

Per meglio intenderci, è come correre la Maratona al di sotto delle due ore o far registrare, come riuscito ad Usain Bolt, un 9.58 nei 100 metri: stiamo parlando di qualcosa di epocale.

In tal senso basti considerare che il record precedente è stato battuto di più di 1 km e che – sempre tenendo a mente la logica premessa che stiamo parlando di ere geologiche differenti – Ganna in un’ora ha percorso 11 km in più di quanto riuscì a Fausto Coppi nel 1942.

Stiamo parlando di un’impresa che difficilmente può essere compresa da chi non mastica di ciclismo ma che potrebbe riavvicinare intere generazioni a uno sport che per decenni è stato insieme al calcio lo sport nazionale e che negli ultimi anni, per colpe diffuse a tutti i livelli, ha perso il proprio appeal sulle nuove generazioni.

Resta la sensazione, però, che lo sport italiano abbia un disperato bisogno di riscoprire il ciclismo e di valori di cui si fa portavoce.

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