Caro Direttore

Caro Direttore

Di solito è cosi che si apre la classica missiva di “lettere al direttore”. Magari stiamo parlando di una rubrica un po’ desueta, ma ai nostri tempi – quelli ante social – era così che si partecipava al dibattito pubblico nel campo della comunicazione.
Ad ogni modo non è al direttore di un giornale che ci stiamo riferendo ma ad un pari grado del mondo del calcio.

Walter Sabatini è atterrato in quel di Salerno solo pochi mesi fa e ha lasciato subito il segno. Il suo istrionismo e il suo essere un’icona del calcio fatto bene e da intenditori ha fatto subito breccia nel cuore dei tifosi. Del resto, chi al suo posto avrebbe avuto la capacità di inventare uno degli slogan meglio riusciti degli ultimi anni, che resterà per sempre nell’iconografia dello sport salernitano? Quel famoso, nonché fatidico, 7%, che è diventato fin da subito oggetto per materiale di merchandising di vario tipo. L’abbiamo letto sui profili social più disparati, su magliette, felpe e finanche tatuato sul corpo, a imperitura memoria.

Come, però, spesso capita in questo mondo, nonostante l’enfasi iniziale, è bastata qualche partita andata male perché qualcuno cominciasse a storcere il naso. Nonostante si fosse sfiorato il dramma sportivo alla fine del 2021, con una più che probabile cancellazione dal campionato, lo sforzo di una società ex novo di ricostruire in pochi giorni una squadra, alla fine del cosiddetto mercato di riparazione, sembrava non essere più abbastanza. Dall’instant team all’instant flop, dall’euforia per averla scampata alla critica più severa.

Il risultato finale lo conosciamo tutti, stiamo scrivendo a poche ore da un’impresa (perché il Nostro ha ragione a dire che i miracoli bisogna lasciarli ad altri) che di epico ha davvero tanto, ma non per il risultato sportivo in sé, o quantomeno non solo.
L’aria che si è respirata in città in questi mesi ha avuto un sapore di rinascita, di redenzione, di riconquista di un posto nel mondo che, chissà perché, si era cercato in tutti i modi di cancellare. Si è vissuta una piccola/grande guerra psicologica che, fortunatamente, qualcuno ha perso.
È proprio in quest’ultimo aspetto che si apprezza così tanto il lavoro del dream team messo su: un perfetto connubio tra presidenza, dirigenza, tecnico, staff e calciatori. La perfetta sintesi di quel che deve essere una squadra, in qualsiasi campo della vita, dal lavoro agli amici.

Il fenomeno Sabatini ha ben rappresentato la completezza di questo percorso perché, se anche si fosse concluso con un risultato sportivo negativo, nessuno avrebbe potuto non riconoscerne la straordinarietà nell’impatto avuto sull’aspetto sociale, su quello comunicativo, ma principalmente su quello umano.
Se si lascia il segno dovunque si svolga il proprio impegno professionale, se le persone con cui hai avuto a che fare mantengono il massimo rispetto per la persona che sei, un motivo deve pur esserci. Se fino all’ultimo sai dare il giusto peso al lavoro degli altri, evitando i riflettori, di meriti ne hai parecchi.
Il Nostro questo lo sa e anche se non fosse così – cosa che non crediamo – abbiamo avuto la fortuna di raccontagli la stima personale e di un popolo per l’uomo che è.

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