93 spiagge monitorate, per un totale di circa 400mila metri quadri, pari a quasi 60 campi di calcio. Una media di 968 rifiuti ogni 100 metri lineari di spiaggia (sono 90.049 i rifiuti censiti in totale). L’81% è rappresentato dalla plastica (784 rifiuti ogni 100 metri) e per una spiaggia su tre la percentuale di plastica eguaglia o supera il 90% del totale dei rifiuti monitorati. È quanto emerso dall’indagine Beach Litter di Legambiente, che presenta anche quest’anno una situazione critica per molti arenili italiani. I dati consegnano un quadro preoccupante: per ogni metro di sabbia sono stati trovati quasi 10 rifiuti, ossia solo il 15% di quelli che entrano nell’ecosistema marino (il restante 15% galleggia sulla superficie del mare e il 70% resta in sospensione nella colonna d’acqua o affonda). La maggioranza dei rifiuti è rappresentata da pezzi di plastica e polistirolo (il dato più preoccupante perché sono i “precursori” delle microplastiche, inquinamento irreversibile e incalcolabile). Poi coperchi di bevande (se ne trova 1 per ogni metro di spiaggia), mozziconi di sigarette (è stato trovato l’equivalente di 359 pacchetti di sigarette in soli 9 km), cotton fioc (il 7,4% di tutti i rifiuti monitorati) e materiale da costruzione (con oltre 4mila rifiuti legati a sversamenti illegali in piena spiaggia). Purtroppo, non mancano le bottiglie di plastica (45 ogni 100 metri) e stoviglie di plastica come piatti, bicchieri, posate e cannucce (34 ogni 100 metri). L’usa e getta di plastica, se disperso nell’ambiente, diventa uno dei principali nemici del nostro mare.
La cattiva gestione dei rifiuti urbani resta la causa principale (per l’85%) della presenza dei rifiuti sulle spiagge italiane, assieme alla carenza dei sistemi depurativi e della cattiva abitudine di buttare i rifiuti urbani nel wc (l’8% dei rifiuti): si tratta soprattutto di cotton fioc ma anche blister di medicinali, contenitori delle lenti a contatto, aghi da insulina, assorbenti o applicatori e altri oggetti di questo tipo che ritroviamo sulle spiagge. Pesca e acquacoltura sono responsabili del 7% dei rifiuti monitorati: reti, calze per la coltivazione dei mitili, lenze, scatoline delle lenze, non solo pesca professionale ma anche amatoriale.
L’emergenza dell’inquinamento da rifiuti in mare ha assunto proporzioni allarmanti a livello globale. Un problema che riguarda da vicino anche il nostro “piccolo” Mar Mediterraneo. Un mare che costituisce meno dell’1% della superficie di mari e oceani del Pianeta e, nonostante sia uno dei 25 hot spot della biodiversità mondiale, è anche la sesta area di accumulo dei rifiuti al mondo.
È dal 2014 che i volontari di Legambiente, nell’ambito della campagna Spiagge e fondali puliti – Clean Up the Med, effettuano il monitoraggio dei rifiuti sulle spiagge italiane e del Mediterraneo. Anno dopo anno, i volontari di Legambiente hanno fatto crescere questa indagine, dando vita a una delle più grandi esperienze di citizen science, quindi di ricerca scientifica condotta dai cittadini, a livello italiano e internazionale.
Leggermente sotto la media nazionale, ma comunque in grado di destare allarme, la situazione emersa dal monitoraggio delle spiagge di Salerno e provincia. Le indagini hanno riguardato il porto di Agropoli, la spiaggia di Piano di Velia ad Ascea, quella presso la foce del fiume Tusciano a Battipaglia, le spiagge di Grotta della Cala e quella del Troncone di Camerota, l’Oasi Dunale e Licinella Torre di Mare a Capaccio Paestum, la spiaggia sul lungomare di Ogliastro Marina a Castellabate, la spiaggia delle Saline a Centola, l’area protetta Legambiente Eboli e la spiaggia alla foce del fiume Sele a Eboli, il lungomare di Agnone a Montecorice, la spiaggia libera Cristoforo Colombo a Salerno, quella presso il comune di Santa Marina e la spiaggia presso il largo dei Trecento a Sapri.