Abuso edilizio, il Parco del Cilento ordina abbattimenti a Camerota

Proseguono i controlli degli uomini della Forestale che hanno scoperto diversi abusi all’interno del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni. Negli ultimi mesi sono state molte le segnalazioni pervenute, le quali riguardano in particolar modo la zona di Marina di Camerota, già oggetto di vari sopralluoghi.

I forestali della stazione di San Giovanni a Piro, a settembre, avevano già posto sotto sequestro la struttura in cemento armato di 9 x 5,80 metri, coperta inizialmente da un solaio sorretto da sei pilastri in cemento armato e localizzata all’interno di un terrazzamento delimitato mediante la posa in opera di muri in cemento armato.

Soltanto pochi giorni fa, ancora, sono scattati ordini di demolizione delle opere abusive realizzate nella frazione Lentiscosa del Comune di Camerota, in località S. Antonio. Trattasi di due manufatti (uno di 6,45 per 7,40 metri; l’altro di 1,7 per 10 metri e costituito da più piani), un manufatto adibito a deposito (8,80 per 6,60 metri e infine una piscina di 8,70 per 4,10 metri), adibiti ad abitazione, sui quali sono stati riscontrate delle anomalie rispetto ai dati consegnati al catasto. Non sono state registrate, infatti, le presenze di un garage-deposito e una piscina. I lavori sui quali si sono svolte le indagini sono stati realizzati nella Zona Speciale di Protezione tra Marina di Camerota e Policastro.

Immediato è stato l’ordine di demolizione – entro 90 giorni dal ricevimento della notifica – da parte del direttore del Parco Nazionale, Romano Gregorio e del Responsabile degli Uffici Studi e Ricerche Scientifiche e Controllo Abusivismo, Angelo Ruocco.

Gli interventi e i controlli del corpo della Forestale sono il frutto di un’intesa, sottoscritta nell’accordo di programma tra la Procura di Vallo della Lucania e il Parco Nazionale del Cilento contro l’abusivismo nel nostro Territorio, il giorno giovedì 23 maggio 2019, presso la Procura della Repubblica di Vallo della Lucania.

In tale data è stato anche confermato che il protocollo d’intesa consente di individuare congiuntamente gli edifici abusivi da demolire nei procedimenti penali passati in giudicato e in quelli amministrativi del Parco conclusi ed esecutivi. In maniera più specifica, sono oggetto di demolizione gli immobili che minacciano rovina e costituiscono un pericolo per l’incolumità; gli immobili occupati per attività criminali; gli immobili nella disponibilità di soggetti condannati per specifici reati quali l’associazione mafiosa; immobili in corso di costruzioni; immobili di rilevante impatto ambientale; immobili non stabilmente abitati; edifici adibiti ad attività commerciali e industriali. I responsabili del Parco hanno garantito la massima priorità ai fabbricati che rientrano in zona A,B,C e D del Parco Nazionale.

Durante la conferenza stampa  il procuratore capo, Antonio Ricci, ha invitato all’utilizzo dei fondi provenienti dal ministero dell’Ambiente dichiarando:

“Seguiamo l’esempio virtuoso di altre Procure con altri Parchi nazionali in zone vincolate da aree protette. Un protocollo importante come ufficio giudiziario e per il Parco, come ente preposto alla tutela ambientale prevede la possibilità che la procura si avvalga di fondi del Parco, che arrivano dal ministero dell’Ambiente, per procedere a quelle che sono le più gravi violazioni edilizie che incidono sul piano territoriale”.

È doveroso ricordare che chi commette un’opera abusiva, oltre all’applicazione di sanzioni amministrative e della demolizione del manufatto, rischia anche sanzioni penali. L’abuso edilizio, infatti, è un reato ed è punito con l’arresto e l’ammenda.
Le pene variano a seconda del tipo di illecito commesso (e fermo restando le sanzioni amministrative).

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