Le modalità di partecipazione o non partecipazione al mercato del lavoro sono tra le determinanti più significative della condizione di povertà, declinandosi, a seconda delle fasi del ciclo di vita, in modo diverso. In un reddito da lavoro insufficiente, perché associato a occupazioni precarie e con bassi profili professionali; in una mancata o saltuaria partecipazione al mercato del lavoro, che impedisce, ai più giovani, di avviare una vita autonoma e che impone il ricorso a sussidi di varia natura o al mantenimento da parte di persone esterne al nucleo familiare; in una pensione esigua, dovuta all’assenza di un’attività lavorativa pregressa o frutto di storie lavorative discontinue in settori mal pagati e spesso caratterizzati da elevata incidenza di lavoro irregolare.
La povertà assoluta, nell’ultimo decennio, è progressivamente aumentata e, nel biennio 2020-2021, ha raggiunto i valori più elevati dal 2005, coinvolgendo oltre cinque milioni e mezzo di persone. Lo ha rivelato l’Istat. Anche la connotazione delle famiglie in povertà assoluta è progressivamente cambiata. L’incidenza è diminuita tra gli anziani soli, è rimasta sostanzialmente stabile tra le coppie di anziani ed è fortemente cresciuta tra le coppie con figli, tra i nuclei monogenitori e tra le famiglie di altra tipologia. Il fenomeno ha inoltre progressivamente coinvolto sempre più famiglie di occupati, sebbene la diffusione della povertà sia tra le più elevate quando la persona di riferimento è in cerca di lavoro. Si conferma e si amplia nel tempo la stratificazione della povertà per area geografica, età e cittadinanza: nel 2021 è in condizione di povertà assoluta un italiano su venti nel Centro-nord, più di un italiano su dieci nel Mezzogiorno e uno straniero su tre nel Centro-nord, il 40 per cento nel Mezzogiorno. È molto aumentata la povertà dei minori e dei giovani.
Le misure di sostegno economico erogate nel 2020, in particolare reddito di cittadinanza e di emergenza, hanno permesso a 1 milione di individui di non trovarsi in condizione di povertà assoluta. L’effetto è stato maggiore per il Mezzogiorno, per le famiglie con a capo un disoccupato, per le famiglie di stranieri, per le coppie con figli e i nuclei monogenitore. Quelle stesse misure hanno garantito la diminuzione dell’intensità della povertà di una parte di coloro che sono rimasti in povertà. In assenza di sussidi l’intensità della povertà sarebbe stata di ben 10 punti percentuali più elevata. L’effetto più rilevante si osserva per le famiglie con persona di riferimento in cerca di occupazione, tra le quali l’incidenza, in assenza di sussidi, avrebbe superato il 30 per cento (ben 11,1 punti percentuali superiore a quella stimata in presenza di sussidi).
L’accelerazione inflazionistica che ha caratterizzato la seconda metà del 2021 e i primi cinque mesi del 2022 rischia di aumentare le disuguaglianze, sia per la diminuzione del potere d’acquisto, particolarmente marcata proprio tra le famiglie con forti vincoli di bilancio, sia per effetto delle tempistiche dei rinnovi contrattuali, più lunghe in settori caratterizzati da bassi livelli retributivi.
A marzo, la variazione tendenziale dei prezzi per le famiglie con forti vincoli di bilancio è risultata pari al 9,4 per cento, 2,6 punti percentuali più elevata dell’inflazione misurata nello stesso mese per la popolazione nel suo complesso. Inoltre, l’aumento dei prezzi che ha colpito queste famiglie riguarda
beni e servizi essenziali, il cui consumo difficilmente può essere ridotto; oltre agli alimentari, infatti, anche la spesa per energia di tali famiglie riguarda essenzialmente i beni energetici per uso domestico (energia elettrica, gas per cucinare e riscaldamento).