In pochi mesi il settore turistico è costretto a recuperare terreno e a rilanciarsi perché in gioco ci sono decine di migliaia di posti di lavoro e un indotto che ha ampliato le sue capacità negli ultimi anni. Soprattutto nel meridione, la crisi delle attività turistiche ricade sull’economia di interi territori, impoverendo non soltanto le tasche ma anche le prospettive. Il piano del Governo si concentra sul pass vaccinale, disponibile da metà giugno, in cui sarà riassunta la situazione sanitaria del singolo cittadino che potrà girare in Europa senza incorrere nel rischio di rimanere in quarantena una volta rientrato a casa. L’altro tema decisivo è proprio il piano delle vaccinazioni e l’immunizzazione del settore come elemento essenziale per fare ripartire l’economia del Paese, cominciando dal turismo, che vale il 13% del Pil. “Dopo i 70enni, vaccinate gli operatori del turismo” – è la richiesta di Confturismo – Da questo Governo ci attendiamo scelte decise: bisogna puntare sul nostro settore, non solo con ristori adeguati in rapporto alle enormi perdite accumulate, ma anche vaccinando con priorità i nostri addetti”. Il passo successivo coinciderebbe con la realizzazione dei corridoi bilaterali, in entrata e in uscita, con le destinazioni Covid free. Ma è una corsa contro il tempo. Restrizioni agli spostamenti e incertezza sui tempi delle vaccinazioni frenano i progetti di vacanza degli italiani, che comunque stanno lentamente riprendendo fiducia sulla possibilità di viaggiare. È quanto emerge dalla consueta rilevazione condotta ogni mese da SWG per Confturismo-Confcommercio. Se potesse ricevere la somministrazione del vaccino nelle prossime settimane, il 75% degli interpellati ha infatti risposto che sarebbe più propenso a programmare e a prenotare da subito le sue vacanze.
Il settore è in profonda crisi e chiede ristori adeguati in rapporto alle enormi perdite accumulate. L’1,7 mld stanziati con il decreto sostegni sono considerati insufficienti. Per questo il Governo studia altri aiuti a medio termine, come l’allungamento delle scadenze dei debiti. Nel Recovery Plan, poi, sono previsti 8 miliardi per il settore.
Verso un’estate di prossimità
Le relazioni interpersonali e gli stili di vita sono destinati ancora a mutare, almeno fino a quando non saremo in presenza del rischio zero. Ma il virus ha già piegato il mito della mobilità illimitata. Ridisegnando drasticamente il settore turistico: le grandi mete internazionali, quelli da copertina o dal sapore esotico, soccombono a beneficio di un turismo interno. Il turismo di massa, così come concepito negli ultimi decenni, ha ceduto il passo al ritorno sui territori. Contribuendo al rilancio delle economie locali.
Ma per sancire la definitiva ripartenza del turismo in chiave più esperienziale, sostenibile e rivolto alla domanda di prossimità, non si può prescindere anche dalla presenza straniera. Di un turismo internazionale improntato alla qualità, nell’ottica di una rifioritura della filiera turistico-culturale. L’assenza di stranieri in Italia grava sull’ospitalità turistica nelle mete più gettonate che risentono notevolmente della loro mancanza anche perché, sottolinea la Coldiretti, i visitatori da paesi europei hanno tradizionalmente una elevata capacità di spesa. Ad essere penalizzate sono state soprattutto le città d’arte, che sono le storiche mete del turismo dall’estero, ma anche gli oltre 24mila agriturismi nazionali dove gli stranieri rappresentano tradizionalmente oltre la metà degli ospiti.
Sei viaggiatori stranieri su dieci (59%) hanno dovuto rinunciare a venire in Italia nel 2020 per un totale di 57 milioni di turisti bloccati alle frontiere dall’emergenza Covid. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti su dati Bankitalia relativi al 2020 divulgata in occasione della nuova stretta di Pasqua che blocca anche gli spostamenti degli italiani per gite fuori porta, visite a parenti e amici o vacanze. Un duro colpo per il sistema turistico nazionale che ha già subito un buco di circa 27 miliardi nelle spese dei viaggiatori stranieri in Italia che sono crollate del 61% nel 2020 rispetto all’anno precedente e toccano il minimo da almeno venti anni.
La mancanza di vacanzieri si trasferisce a valanga sull’insieme dell’economia per le mancate spese per alloggio, alimentazione, trasporti, divertimenti, shopping e cultura. Ma soprattutto ne ha risentito l’enogastronomia: il cibo, infatti, è diventato la voce principale del budget delle famiglie in vacanza in Italia con circa un terzo della spesa di italiani e stranieri destinato alla tavola per consumare pasti in ristoranti, pizzerie, trattorie o agriturismi, ma anche per cibo di strada o specialità enogastronomiche.