In una realtà quotidiana squarciata dall’epidemia, alcuni pezzi di società, già sul punto di disgregarsi da un senso comune, si sono staccati definitivamente aderendo a un credo implausibile che ha attecchito in loro condizionandone le convinzioni. E’ accaduto con la negazione del virus, gli scettici della prima ora, del “è una banale influenza”, puntualmente seguita dall’insofferenza verso l’uso della mascherina per poi giungere al fenomeno, solo apparentemente ingestibile, degli ultrà delle riaperture, un festival di rivendicazioni e infrazioni da cui è emersa l’oggettiva difficoltà di una fetta di popolazione nell’avvertire il compito dei propri doveri e nel comprendere il valore profondo dei propri diritti. La nuova crociata riguarda vaccini e certificazioni, la polpa di un mondo che ha fatto del rifiuto della delega e della competenza il proprio vessillo imprescindibile, della posizione ufficiale il nemico dichiarato. Un mondo che non nasce con la pandemia ma che la pandemia ha compattato nelle pulsioni antisistemiche. La riproposizione di un dogma antiestablishment che coagula attorno a sé credenze dalla radice comune, rinnovando a piacimento, nella migliore delle ipotesi, la retorica riscaldata del politicamente scorretto.
L’attuale risentimento affonda le radici nella galassia dell’ultradestra, dedita a cercare spiragli per incuneare l’insolenza di falsi storici, operando un’attualizzazione funzionale all’epoca. Il terreno fertile del caos pandemico ha consentito l’ulteriore sdoganamento dell’armamentario propagandistico del nazional-sovranismo, condito dallo sloganismo incendiario che grida alla “dittatura sanitaria”: ne deriva un movimento scarsamente organizzato ma severamente contaminato da distorsioni cognitive, fake news e istinti verso il basso, il cui obiettivo, per trovare ragione d’esistere e diffondersi nella società, è speculare sul malcontento sociale. Un Paese lacerato dalle chiusure, angosciato dall’assenza di futuro, oltre all’alienazione di interi settori sociali: la rappresentazione del contesto travalica i confini di una nicchia invasata, dona una spinta capace di infrangere l’appartenenza.
Nonostante le recenti aggressioni ad opera di urlatori No-vax o No Green Pass, i timori sul salto di qualità hanno smentito coloro che intravedevano in questa selezione di individui, ossessionati dalle stesse teorie che li rendono vittime di un complotto ai propri danni, elementi in grado di elevarli a professionisti della sovversione. L’unica abilità, risiedente nel cavalcare gli umori, li relega a forza intermittente di contestazione destinata a sfiatare. Sottovalutarne il seguito, però, consiste in un azzardo. Pur incapace di egemonia culturale, la galassia del complotto non è affatto esclusa dal mainstream, come testimonia l’incessante presenza in tv dei maestri della supercazzola, i vari Fusaro, Becchi, Borghi, il fu Montesano, riferimenti di una crociata figlia di una parodia della verità. “La pandemia del 2020 è una rappresentazione. Per alcuni una tragedia, per altri una commedia, per altri una farsa. Ci sono troppi dubbi, strane coincidenze. Eventi poco chiari”: è l’incipit di Eresia, la bibbia negazionista tra le più vendute su Amazon. Lo scritto rivela la natura parareligiosa di una propaganda che salda il legame con il megafono della destra sovranista e proto-fascista. Quelli che “la denatalità è il prodotto di un disegno sotterraneo ordito dalla liberazione sessuale, dalla pornografia, dagli omosessuali e dalle femministe”.
L’operato di governo e istituzioni nei confronti di queste posizioni manca di efficacia soprattutto nel momento in cui, attendendo l’obbligo vaccinale, si propende per le mezze misure, spesso portatrici di contraddizioni all’interno dei provvedimenti, finalizzate al mantenimento degli equilibri politici. Con la Lega di governo che si contende la fetta di elettorato No-vax con la Meloni d’opposizione. L’approccio strumentale alla questione ha annullato qualsiasi fermezza nel contrastare le derive.
L’anti-scienza avvelenata dei No-vax sta in parte frenando la campagna vaccinale, alimentando il pericolo di nuove e virulente varianti, insinuando dubbi tra gli esposti alla disinformazione. Le vie complottiste sono facili da imboccare, consentono di ridurre, se non di annullare, la fatica della ragione, abilitano a una risposta senza costrutto, priva di fondamento. Ma le reazioni istintive, per quanto solo temporaneamente persuasive, danneggiano la vita pubblica. La verità alternativa, studiata a tavolino da esperti della comunicazione (che in questo caso fa rima con frode) pagati profumatamente, penetra nel disagio democratico, nei dubbi, nelle insofferenze sociali, nel disorientamento, descrive le soluzioni della scienza alla stregua di un subdolo inganno ai danni del popolo ignaro. Ma la tentazione di essere monopolisti della verità può assumere un carattere dogmatico pericoloso, al punto da promuovere violenza, oltre a un lascito ideologico, non soltanto perché si smarca da ogni vincolo nei confronti altrui e quindi della salute pubblica, ma perché emerge come filo conduttore paranoico per la lettura degli eventi cruciali della nostra società. In un’epoca in cui l’analfabetismo funzionale, ossia l’incapacità di comprendere il senso di un testo e di costruire analisi articolate pur sapendo leggere e scrivere, e la tendenza di paragonare il mondo solo alle proprie esperienze dirette, allarga i suoi effetti nefasti.
Se gli argomenti e la contrapposizione sul tema dei vaccini misurano il livello del dibattito pubblico italiano, è impossibile allora ignorare quanto la nostra democrazia sia priva di anticorpi.
Nonostante le lentezze, alcuni disastri comunicativi e indubbie contraddizioni, la campagna vaccinale procede spedita: entro la fine di settembre sarà vaccinata l’80% della popolazione. Il Green Pass è entrato nel quotidiano di milioni di italiani, un certificato che segna la ripartenza della vita. Nemmeno l’aggressività della variante delta ha pregiudicato le aperture. Gli indicatori sui vaccini ne confermano l’efficacia. Per una serie di mesi, probabilmente un anno, occorrerà sorvegliare l’epidemia con la consapevolezza che le varianti sociali, prima ancora di quelle virali, richiedono la dovuta attenzione per evitare nuovi scossoni alla vita collettiva.