Non solo Amalfi ed un fenomeno franoso che solo per un beneficio della sorte non ha seminato morte. Altri punti della provincia di Salerno sono stati duramente colpiti dalle ultime ondate di maltempo evidenziando una fragilità che affonda le radici innanzitutto nell’ assenza di controlli, nella mancanza di una seria e concreta politica di prevenzione e monitoraggio del territorio, nella devastazione e cementificazione di vastissime aree. I danni e le tragedie del passato, purtroppo, risultano sbiaditi nella memoria collettiva, al punto da risultare troppo lontani nel tempo per avviare un’azione diffusa, concreta ed efficace di prevenzione sul territorio. Per adottare un approccio diverso che passa anche attraverso la diffusione di una cultura della convivenza con il rischio, attraverso piani comunali di emergenza di Protezione Civile adeguati e aggiornati e attività di formazione e informazione per la popolazione sui comportamenti da adottare in caso di allerta.
La Costiera, con un’area diffusa del rischio idrogeologico e la quasi matematica certezza di eventi calamitosi in concomitanza con il maltempo, l’Alto Sele con strade ancora interdette e intere frazioni ancora isolate, il Cilento flagellato dagli allagamenti. L’Agro Nocerino-Sarnese e il rischio permanente che venga giù una colata di fango, con interi paesi esposti a un rischio che in passato ha causato morte e distruzione. L’ultimo evento franoso, in ordine di tempo, nella frazione Coperchia di Pellezzano, dove uno smottamento di vaste dimensioni ha provocato il distaccamento di una frana dal costone collinare invadendo alcune abitazioni posizionate nei pressi dello stesso. Per fortuna si sono verificati solo danni a cose e non a persone.
Ogni giorno oltre 214.371 persone in provincia di Salerno sono esposte al rischio idrogeologico, un primato in una regione dai piedi di argilla e deturpata dal cemento abusivo, dove 503 comuni (il 91%) ricadono in aree classificate a elevato rischio idrogeologico. In tutti i Comuni flagellati dal maltempo degli ultimi giorni, le colate di fango sono spesso state una diretta conseguenza degli incendi estivi. Ad essere interessate dalla discesa a valle di detriti, fango e acqua sono state un po’ ovunque proprio quelle frazioni pedemontane poste sotto le colline la cui vegetazione è stata devastata dagli incendi dolosi. A Sarno, ad esempio, l’eredità dell’incendio del Saretto, una distruzione pressoché totale del bosco, si riversa su una ferita che ha segnato per sempre la comunità sarnese e l’intera provincia di Salerno, e che riporta alla colata di fango che ingoiò il centro abitato in quel disgraziato 5 maggio di quasi ventitré anni fa, provocando la morte, nella sola Sarno, di 137 persone. Gli esperti attribuirono proprio agli incendi dei mesi precedenti uno dei principali fattori scatenanti del disastro.
Senza contare in Italia siamo di fronte alle conseguenze dei cambiamenti climatici con una tendenza alla tropicalizzazione e il moltiplicarsi di eventi estremi con una più elevata frequenza di manifestazioni violente, sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi e intense ed il rapido passaggio dal sole al maltempo.
A rendere pericoloso il territorio regionale, denunciano da Legambiente, non è solo il fango pronto a scendere a valle alle prime piogge. Non ha giovato sicuramente il fatto che la cosiddetta Campania Felix è una terra martoriata dal sacco edilizio e dall’abusivismo edilizio. Licenze edilizie fantasma, ordinanze di demolizioni non eseguite, richieste di sanatorie mai vagliate. Betoniere che lavorano sette giorni su sette. Case abusive tollerate e mai abbattute. Ancora di più se su quella casa pende da decenni un ordine di demolizione perché costruita abusivamente, magari in una zona di pregio, in un’area protetta o lungo la costa. In Campania le demolizioni sono al palo: secondo gli ultimi dati di Legambiente più del 97% degli abusi edilizi da abbattere sono ancora ben saldi alle fondamenta, infatti su 16.596 ordinanze di demolizione, sono state eseguite solo il 3% pari a 496 immobili abbattuti. Per non parlare delle richieste di sanatoria e dei condoni.
L’elevata diffusione del rischio idrogeologico in Campania ha portato negli ultimi decenni alla programmazione di 478 cantieri per la messa in sicurezza del territorio, di cui 57 risultano ancora in corso di esecuzione, 255 sono già conclusi e 166 riguardano altri interventi. Ingenti, secondo i dati forniti da Italia Sicura, il portale governativo in cui è contenuta la mappa dei cantieri antidissesto, i nuovi dati aperti con le opere contro frane e alluvioni comune per comune e lo stato delle emergenze regione per regione, gli importi stanziati per la realizzazione dei progetti. Ma in Campania, solo nel 2019, come riferito da FederCepi, quasi 366 milioni di euro per la messa in sicurezza del territorio e la prevenzione del dissesto idrogeologico sono stati bloccati dalla burocrazia. Si tratta di risorse destinate al completamento della progettazione esecutiva degli interventi, ferme per intoppi procedurali di varia natura. Tra questi figuravano, in provincia di Salerno, gli interventi per la sistemazione definitiva a monte delle aree a rischio e per il ripristino delle aree di Sarno pari a 558.007 euro (9 milioni di euro di lavori) e il progetto per la messa in sicurezza idrogeologica proprio del territorio di Amalfi, patrimonio Unesco, di quasi 600.000 euro (14,9 milioni per lavori). I dati emergono da uno studio della Corte dei Conti (“Fondo per la progettazione degli interventi contro il dissesto idrogeologico (2016-2018)”). Nel mirino dei costruttori anche le lungaggini procedurali e le inefficienze della burocrazia: si sommano al carico di lavoro per le strutture commissariali, senza strutture di supporto per gestire interventi di enorme complessità tecnica.