Padova, venerdì 7 febbraio. “Non c’entra niente!”. Questo discreto urlo si leva dalla platea durante il discorso del Presidente della Regione Luca Zaia, ma lo odono in pochi. Zaia ha appena citato “Autonomia e sussidiarietà” durante l’inaugurazione di Padova Capitale Europea del Volontariato alla presenza di Sergio Mattarella. Non contesto a Zaia di aver nominato l’autonomia (riguardo al tema, c’era l’incontro apposito col Ministro Boccia), anzi mi sarebbe parso strano se non l’avesse fatto. Quello che gli contesto è il tono, da una parte troppo informale e quasi scanzonato come se Mattarella fosse l’amico al bar, dall’altra di pura campagna elettorale. E quell’esaltazione incondizionata dei Veneti. Certo, sono bravi e sono orgogliosa che Padova sia stata scelta (sono i numeri a legittimare questo riconoscimento), ma non bisognerebbe mai sentirsi troppo superiori agli altri, come se il volontariato fosse nel nostro DNA, mentre gli altri popoli se ne fregano del loro prossimo. Qualcuno fischia Zaia alla fine, ma per lo più si sentono gli applausi di un gruppo (rispetto alla totalità dei presenti) di suoi irriducibili fan.
Gli interventi sul palco si susseguono, più formali e compassati, il sindaco Giordani fa un po’ di fatica, ma quasi mi commuove. Poi, finalmente, parla il Presidente, aspettiamo il suo intervento da tutta la mattinata. La maggior parte di noi è qui, a Padova Fiere (vicino alla Stazione) dalle otto, in piedi all’ingresso per molto tempo, ammassati perché i tornelli per la sicurezza non si aprivano. Senza parlare del cerimoniale del Quirinale che subisce dei rallentamenti. Alcuni ragazzi sistemano il palco per Mattarella, un leggio bianco, tre bandiere dietro e delle piante sul davanti. Dopo qualche minuto ci ripensano e tolgono le piante. Forse le hanno noleggiate a ore e non vogliono pagare di più. Il risultato è una serie di tempi morti che innervosiscono gli astanti.
Ma il discorso di Mattarella fa dimenticare tutto e ci fa ricordare i valori fondanti della Repubblica e parla del volontariato come splendida energia. Parla anche di Silvia Romano, il presidente, in un momento in cui tutti sembrano essersi scordati di lei. Ricorda l’incontro del CUAMM, nel 2017, al teatro Geox. C’ero pure allora. Mattarella è un uomo d’altri tempi, misurato ed elegante, sarà molto difficile sostituirlo, ma ci proveremo. Il giorno prima ha visitato una scuola con bambini in prevalenza cinesi, per dare un segnale forte contro il razzismo dilagante, messo in moto dalla paura del Coronavirus.
Il resto della sua giornata prevede visita alla Cappella degli Scrovegni e visita al Santo. Non ha voluto politici intorno, solo il sindaco (la presidente del Senato ha insistito per esserci), con buona pace di assessori e consiglieri regionali, che avrebbero voluto accompagnarlo per riempirgli la testa canuta di chiacchiere. Appena se n’è uscito, le telecamere delle televisioni si sono spente e la sala, da piena che era, s’è svuotata tristemente. Le autorità, sindaci e non solo, che erano vicino a me se ne sono andati a gran velocità, lasciando sedie vuote con i loro nomi e cognomi.
Eppure la mattinata continuava alla grande. Sono saliti sul palco gli studenti, che a Novembre scorso hanno aiutato a liberare Venezia dall’acqua alta. Frutto, dice uno dei ragazzi, di una cattiva amministrazione. Applausi dai presenti. Hanno dovuto togliere il microfono al ragazzo nel bel mezzo del discorso, perché i tempi erano stretti. Così le altre testimonianze, che pure avrebbero meritato tutta l’attenzione possibile, sono state invece una veloce cavalcata di cui ho colto frammenti. Frammenti importanti, ma pur sempre frammenti, persino l’intervento di Gherardo Colombo, che normalmente dovrebbe essere importante, è riuscito a passare in secondo piano. Fra tutti spiccava, forse perché l’argomento mi è vicino, forse perché non era un normale discorso, la canzone di Lorenzo Baglioni, scritta in collaborazione con Iacopo Melio, il paladino dei diritti dei disabili (che si è pure laureato di recente, tante congratulazioni). Il testo è una parodia del famoso “Vengo anch’io. No, tu, no!” e racconta tutte le difficoltà di Iacopo nell’organizzare una semplice serata fra amici, data la sua sedia a rotelle. Vi posso rassicurare sul fatto che, per quanto mi riguarda, è fin troppo esagerato. E ancora, la giornalista libera, che cura la redazione di un giornale, scritto interamente da carcerati; e i progetti per ridurre la cecità evitabile, specialmente in Africa. Tutte cose che avrebbero meritato più tempo. Alla fine della mattinata avevo fame, ma ero orgogliosa di Padova. Il presidente del Centro Servizi Veneto (CSV) nonché mio padrino, Emanuele Alecci ha egregiamente preso la parola, ma mi è mancato il suo consueto discorso, che stavolta non ha tirato fuori. Tanto meglio, lo cito io adesso: “Quello a cui siamo arrivati non è un punto d’arrivo, ma un punto di partenza”.