Il sistema dei trasporti in Italia si trova da quasi due anni nell’incertezza e nelle limitazioni imposte dalla pandemia del Covid-19. In generale, nel 2021, i passeggeri in circolazione si sono ridotti su tutti i treni, dell’alta velocità e Intercity (fino a -40%), a quelli regionali (-45%).
Ma la vera grande novità del 2021 è rappresentata dalle risorse del PNRR che prevedono investimenti senza precedenti per le infrastrutture ferroviarie e il sistema della mobilità, da realizzare entro il 2026.
Il rapporto Pendolaria quest’anno, oltre a fotografare lo scenario attuale del trasporto ferroviario nel nostro Paese tra mancanze e qualche buon segnale, propone un focus sugli investimenti previsti dal Recovery Plan in Italia per capire se possano rappresentare davvero la svolta che le città aspettano da molti anni per ridisegnare in chiave sostenibile gli spostamenti all’interno della penisola e con le isole.
Uno dei segnali positivi più importanti avvenuti sulla rete, forse una delle ragioni della crescita del numero dei passeggeri in alcune realtà, è il rinnovo del parco di treni circolante. Sono 2.666 i treni regionali in circolazione in Italia con un’età media di 15,6 anni. Questo dato è in calo considerando che era nel 2016 di 18,6. Questa riduzione dell’età media dei treni in circolazione è stata resa possibile dal concorso di risorse dello Stato, delle Regioni (da fondi europei e di bilancio) e di Trenitalia, attraverso i contratti di servizio. Il PNRR finanzia l’acquisto di 53 treni e, al momento, 14 a idrogeno su linee dove avverrà una specifica sperimentazione. Inoltre, grazie alle risorse del Ministero per il Fondo complementare, 350,87 milioni sono destinate al rinnovo del parco rotabile, si può stimare che entreranno in esercizio circa 70 treni.
Per dare un quadro aggiornato della situazione, in questi anni sono stati 757 i treni nuovi immessi sulla rete ferroviaria e nei prossimi anni ne sono programmati ulteriori 704. In particolare, Trenitalia ha già immesso sulla rete 429 nuovi treni. Tra questi 276 sono quelli che riguardavano il programma 2014-2018, con Vivalto II serie, treni Jazz e Swing; ulteriori 153 convogli già consegnati che fanno parte del programma 2019-2025, con treni Swing, Pop e Rock. Per il futuro si attendono altri 481 treni, compresi 4 ibridi per la Sardegna e 5 ibridi per la Sicilia. Nel 2021 sono previsti in consegna 105 nuovi treni (4 Swing, 51 Rock e 50 Pop). Trenitalia prevede entro il 2027 di rinnovare l’80% della propria flotta.
Nonostante le numerose nuove immissioni di treni, in molti casi porzioni significative delle flotte sono ancora fatte di convogli vetusti in attesa di essere dismessi. Rimangono, quindi, marcate le differenze tra le diverse aree del Paese, come sono sempre più evidenti quelle tra il parco rotabili di Trenitalia e quello di alcuni gestori locali. Al sud i treni sono più vecchi, con un’età media dei convogli nettamente più alta (19,2 anni, rispetto agli 11,7 anni del Nord). Si trovano poi casi come quelli di Molise (21,9), Abruzzo (21,4), Calabria (21,3), Campania (20,7) e Umbria (20,6), dove la media è ben più alta con punte di treni che sono davvero troppo “anziani” per circolare. In Lombardia, che ha la flotta più grande d’Italia, l’età media scende a 14,7 anni grazie all’immissione dei nuovi treni “Caravaggio” e “Doninzetti”, ma continua a pesare in particolare il divario generazionale: oltre il 40% ha una media di oltre 35 anni, mentre circa il 45% è composto da treni nuovi (con una media di 5 anni). Gli esempi di Lazio e Campania ci raccontano di una situazione fatta da differenze clamorose tra le flotte di Trenitalia e quelle degli altri gestori. Nel Lazio i treni delle ferrovie Atac/Cotral hanno una media di oltre 31 anni di età, contro gli 11,3 per quelli di Trenitalia, in continuo calo. In Campania pesa ancora l’anzianità del parco rotabile di EAV (ex Circumvesuviane, Sepsa e MetroCampania NordEst) con 25,4 anni di media, contro i 17 anni per Trenitalia.
Questi treni permetteranno di incrementare complessivamente la quota di posti/km tra l’8 e il 10% entro il 2026 e di migliorare in generale la qualità dell’offerta. È importante sottolineare come l’arrivo dei nuovi treni, legati ai contratti di servizio con Trenitalia nelle Regioni, stia portando a miglioramenti anche nella qualità del servizio e nella puntualità che sono apprezzati dagli utenti. A completare il quadro dei nuovi treni arrivati sulla rete, occorre considerare i treni in Lombardia (22 di Trenord nel 20021) e quelli degli altri gestori, ossia delle ex ferrovie concesse, dove complessivamente sono stati acquistati e messi sulla rete 87 nuovi convogli dal 2010 (di cui 3 per GTT, 16 SAD, 3 Trentino Trasporti, 5 Sistemi Territoriali, 4 Trasporto Ferroviario Toscano, 15 EAV, 3 Ferrovie del Gargano, 3 Ferrotramviaria, 22 da Ferrovie Appulo Lucane, 4 Ferrovie della Calabria, 4 per Circumetnea e 4 per ARST in Sardegna). Il programma di rinnovamento continuerà nei prossimi anni anche su queste linee, sempre con la compartecipazione di risorse statali (tra fondo MIT e Recovery Plan), regionali ed europee con in totale ulteriori 290 mezzi. Si
tratta di 137 convogli per Trenord, 7 di SAD in Alto Adige, 6 nuovi treni in Veneto per le linee al momento gestite da Sistemi Territoriali, 2 elettrotreni e 3 treni a idrogeno per TUA Abruzzo, 44 treni nel Lazio per le linee Atac/Cotral, 51 per le linee EAV in Campania (a cui si aggiunge il revamping di altri 24 convogli), 11 convogli a pianale ribassato per Ferrotramviaria, 5 nuovi elettrotreni in Puglia per le Ferrovie del Sud Est, 9 treni per Ferrovie della Calabria, 4 diesel per Circumetnea e 11 per ARST in Sardegna, di cui 5 a idrogeno.
Quello che ora serve è un’attenta regia da parte del MIMS per fare in modo che il rinnovo del parco proceda in tutta Italia, grazie al concorso delle risorse europee e nazionali, e garantire che questi investimenti si possono scalare dai contratti di servizio e sostituirli con più convogli in circolazione negli orari di maggiore domanda pendolare. Inoltre, come abbiamo visto nei prossimi anni non dovremo solo rinnovare il parco esistente, ma anche potenziarlo sulle linee dove maggiore è la domanda. Per potenziare al 2030 il servizio sulle linee ferroviarie esistenti e su quelle in realizzazione, si può stimare un fabbisogno aggiuntivo, rispetto agli investimenti già previsti, di almeno 650 treni regionali, tra nuovi e revamping, di 180 treni metropolitani e 320 tram, per una spesa complessiva di circa 5 miliardi di euro da spalmare in circa dieci anni.
Lo scenario proposto da Legambiente al 2030 prevede risorse pari a 600 milioni l’anno per rafforzare il servizio ferroviario regionale con l’acquisto ed il revamping dei treni, 200 milioni l’anno per il servizio Intercity e 1,9 miliardi l’anno per garantire gli investimenti necessari a realizzare metropolitane, tram, linee suburbane. Complessivamente si tratta di 2,7 miliardi di euro all’anno da investire per trasformare
le città italiane e renderle finalmente moderne e vivibili con vantaggi evidenti per l’ambiente, l’economia, le famiglie, il turismo. È una spesa alla portata di un Paese come l’Italia, attraverso un’attenta programmazione di finanziamenti italiani ed europei, regionali, il recupero di risorse dal bilancio dello Stato (tra sussidi alle fonti fossili, ad esempio per l’autotrasporto e nella fiscalità di vantaggio di cui gode il gasolio, tariffe autostradali, spostamento di risorse destinate ad autostrade e strade, ecc.). Raccontare questa visione e gli impegni concreti sulle linee e nelle città deve essere la priorità del dibattito politico, lasciando da parte cemento e promesse di cantieri, per far capire i vantaggi in termini di qualità e vivibilità, di nuovi posti di lavoro che può venire in Italia da scelte di mobilità che vanno nella direzione di una transizione ecologica e giusta.