Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza approvato in Consiglio dei Ministri assegna alle regioni dell’Italia meridionale una quota imponente di fondi: circa 82 miliardi di euro. Si tratta del 40% di tutte le risorse territorializzate, cioè con una destinazione specifica sui territori. L’obiettivo esplicitato nel Piano è di “accompagnare una nuova stagione di convergenza tra Sud e Centro-Nord, per affrontare un nodo storico dello sviluppo del Paese”.
Non si tratta di un tetto massimo, bensì del punto di partenza: se le regioni meridionali sapranno sfruttare questa opportunità, la quota del 40% potrà solo crescere. Le riforme per migliorare la pubblica amministrazione e accelerare gli investimenti, contenute nel Piano, hanno un impatto rilevante sul Sud e contribuiscono a una migliore efficacia nell’impiego di tutti i fondi, non solo quelli del PNRR assegnati su base competitiva (come il cosiddetto Superbonus edilizio) ma anche gli altri già previsti che arriveranno a partire da quest’anno e – in alcuni casi – fino al 2030.
Un’altra riforma molto attesa, rivolta a garantire alle popolazioni meridionali l’effettivo rispetto dei diritti di cittadinanza, è quella che riguarda la definizione del Livello essenziale delle prestazioni (LEP) per alcuni servizi alla persona, partendo dagli asili nido. Sono previsti inoltre un piano d’azione contro il lavoro sommerso e investimenti per la valorizzazione dei beni confiscati alla mafia, così da potenziare l’edilizia residenziale pubblica, rigenerare le aree urbane, migliorare i servizi socio-culturali e quelli di prossimità.
Il Ministero per il Sud e la Coesione territoriale ha rielaborato i dati del Ministero dell’Economia e delle Finanze riguardo all’impatto sul PIL italiano e su quello meridionale delle misure e delle riforme previste nel PNRR. Secondo la rielaborazione, il PIL del Mezzogiorno crescerà nel quinquennio 2021-2026 del 24% circa rispetto al valore del 2020. L’impatto del PNRR sulla crescita del PIL nazionale nell’arco dei 5 anni sarebbe di circa il 16% (per il Centro-Nord sarebbe del 13% circa). Oggi il PIL del Mezzogiorno rappresenta il 22,7% di quello nazionale; nel 2026, se le misure del Piano saranno pienamente applicate, il PIL del Mezzogiorno costituirà oltre il 24% di quello nazionale.
Nello specifico, ecco gli obiettivi fondamentali contenuti nelle singole missioni che si realizzeranno nel Mezzogiorno.
Missione 1: incidere sulla produttività delle PMI e migliorare la connettività nelle zone rurali e nelle aree interne.
Missione 2: migliorare la gestione dei rifiuti e ridurre l’elevato livello di dispersione delle risorse idriche.
Missione 3: rafforzare le infrastrutture, a partire dall’alta velocità ferroviaria (in riferimento soprattutto alle tratte Salerno-Reggio Calabria, Napoli-Bari, Palermo-Catania-Messina e Taranto-Potenza Battipaglia) e l’intermodalità e la logistica integrata.
Missione 4: migliorare la presenza di asili nido e scuole per l’infanzia, potenziare e ammodernare l’edilizia scolastica, contrastare l’abbandono scolastico e la povertà educativa, creare nuovi centri di eccellenza della ricerca attraverso la nascita di ecosistemi dell’innovazione.
Missione 5: consolidare i servizi essenziali (a partire da quelli socio-sanitari) e abbattere il divario di connettività e digitalizzazione nelle aree marginali, riformare e potenziare le infrastrutture delle ZES.
Missione 6: superare i divari tra i diversi sistemi sanitari regionali, attraverso la riorganizzazione delle politiche della salute e investimenti basati sui fabbisogni assistenziali.