Il grande tessitore. Un’opera in cui si sono cimentati in molti, non tutti ottenendo risultati convincenti, soprattutto quando la necessità di una mediazione riguarda due forze di governo ancora alle prese con antiche ruggini. Il ministro dello Sport e delle Politiche Giovanili Vincenzo Spadafora, napoletano, da sempre sostenitore di uno spostamento a sinistra del Movimento fondato da Grillo e Casaleggio, irrompe nel dibattito relativo alle future mosse in chiave elettorale, sfruttando il momento di massima incertezza per le sorti dell’esecutivo, con il fiato sospeso fino a domenica notte, quando gli esiti delle urne in Emilia-Romagna e Calabria determineranno un inevitabile scossone, in caso di debacle delle forze progressiste, oppure la possibilità di aggiornare l’agenda di governo e poter pianificare più a lungo termine. Respirando almeno fino alle regionali di primavera. A margine di una visita agli impianti sportivi di Scampia, dove a marzo si terranno in contemporanea gli Stati Generali del M5s e il Congresso Nazionale delle Sardine, Spadafora riassume la sua linea considerando prioritaria la necessità di evitare nuove fibrillazioni a un governo già fragile. Poi, il ministro si spende per un’alleanza politica strutturale tra centrosinistra e pentastellati: “Per le regionali bisogna sedersi e parlare, e una delle due parti deve convincere l’altra. E’ necessario farlo anche in Campania, come è avvenuto per il collegio senatoriale”. Un’alleanza che non deve limitarsi, secondo il ministro, al solo Pd: “Auspico una coalizione ampia, magari con l’appoggio di liste civiche. Per me bisogna allargare il campo. Invece di dircelo attraverso i giornali, sediamoci attorno a un tavolo. L’importante è non separarsi anche in Campania”. Chiaro il riferimento a Dema e a Sinistra Italiana.
Le dichiarazioni hanno suscitato un’immediata reazione politica, le solite schermaglie (il governatore ha ironizzato sulle dimissioni di Di Maio, inaugurando una serie di polemiche a catena) hanno poi lasciato il passo alla possibilità di un vero dialogo capace di fuoriuscire dagli indirizzi della trattativa delle ultime settimane, intavolata nel tentativo di trovare un accordo attorno a un nome alternativo all’attuale governatore Vincenzo De Luca, con la figura ministro Sergio Costa sullo sfondo. Spadafora, intercettato dai cronisti, ha assicurato che l’esito del voto nella regione rossa per eccellenza, minacciata dal vento leghista, non influirà sulla tenuta del governo. Ma le rassicurazioni del ministro rischiano di infrangersi sulla durezza della realtà: in caso di sconfitta in Emilia-Romagna le conseguenze sarebbero devastanti per il Pd, costringerebbero all’anno zero l’intero arco di forze del centrosinistra, pareggiando la situazione in atto dalle parti del M5s dopo le dimissioni di Di Maio e l’assenza di una leadership capace di imporre una linea. Fonti interne al M5s rivelano di un graduale ammorbidimento nei confronti di De Luca, alimentato dalla vulnerabilità, dalle incertezze, dal timore dell’irrilevanza. Condizioni che potrebbero scalfire il veto sul governatore e indurre la compagine pentastellata a sedersi al tavolo per trovare un punto d’accordo con l’uomo che in Campania rappresenta, a tutti gli effetti e nonostante tutto, l’unica certezza anche per il Pd di Zingaretti.