Simon Gautier sarebbe deceduto a seguito di una grave emorragia che ha avuto origine nella gamba sinistra che presentava rotture dei principali vasi. Pertanto, come confermato dal procuratore capo di Vallo della Lucania, Antonio Ricci, “dal momento della caduta, l’escursionista francese sarebbe rimasto in vita al massimo per 45 minuti“. E’ quanto emerge dall’esame autoptico eseguito dal medico legale Adamo Maiese, nominato dalla Procura. Sul corpo del ragazzo, in avanzato stato di decomposizione, sono state riscontrate fratture esposte e composte ad entrambi gli arti inferiori. La salma è stata dissequestrata e potrà rientrare in Francia. Il padre di Simon, Dominique Gautier, distrutto dal dolore, ha consegnato una serie di quesiti al procuratore di Vallo. “Vivo per sapere se è stato fatto di tutto per salvare Simon”, esordisce. Le domande, tramite il mandato al penalista napoletano, saranno formalizzate sotto forma di richiesta di svolgere indagini. Sono cinque: 1) perché, come, dove e a che ora è morto Simon; 2) perché la telefonata al 118 non ha permesso di geolocalizzarlo; 3) perché non l’hanno aiutato a geolocalizzarsi da solo; 4) perché il 118 ha chiuso la telefonata; 5) perché il ritardo nei soccorsi.
Nella serata di domenica, dopo lunghe ricerche, il corpo senza vita del 27enne studente francese Simon Gautier, disperso da nove giorni dopo un’escursione sui monti attorno al golfo di Policastro, è stato ritrovato in fondo a un dirupo profondo alcune centinaia di metri. Intercettando tramite un drone lo zaino del ragazzo in località Belvedere di Ciolandrea, nel comune di San Giovanni a Piro, poco distante da dove nel pomeriggio di domenica erano state trovate tracce di sangue, gli uomini del soccorso alpino hanno scoperto il cadavere. Le operazioni di recupero, in un primo momento avviate, sono state disposte per la mattina successiva in considerazione delle difficoltà derivanti dalla zona impervia e del buio della notte. Un recupero complicato, proprio a ridosso di ripide scogliere a strapiombo sul mare. Il corpo è stato adagiato su una barella per essere trasportato con le corde lungo il pendio. Una vedetta della Guardia costiera ha poi trasportato la salma al porto di Palinuro e successivamente, con un carro funebre, all’obitorio dell’ospedale di Sapri, a disposizione dell’autorità giudiziaria. I familiari del giovane hanno ricevuto la straziante notizia nell’albergo di Policastro in cui alloggiano da qualche giorno. A informare i genitori e la sorella di Simon, hanno provveduto gli amici francesi del ragazzo, tempestivamente aggiornati da un giornalista con cui avevano allacciato contatti. Un equipe di psicologi francesi, messi a disposizione dall’ambasciata transalpina e dall’ambasciatore di Francia in Italia, giunto sul posto nelle ultime ore, hanno poi raggiunto l’albergo per assistere i parenti della vittima. La notizia del rinvenimento del cadavere di Simon Gautier è giunta proprio mentre a Scario si stava tenendo una fiaccolata di preghiera per il ragazzo, poi trasformatasi in veglia funebre tra lo smarrimento generale.
“Sono caduto in una scarpata, ho le gambe rotte, aiutatemi, vedo il mare ma non so dove mi trovo. Sto morendo di male, venite, vi prego”. E’ stato l’ultimo drammatico messaggio trasmesso il 9 agosto dalla voce rotta e sofferente di Simon Gualtier alla centrale operativa del 118 della Basilicata. Nel corso della stessa telefonata, il ragazzo riferiva di essere partito da Policastro Bussentino e di essere diretto a Napoli. Era proprio questo, infatti, l’itinerario tracciato dal giovane ma esperto escursionista, intento a percorrere a piedi l’intera costa del Cilento per giungere entro fine mese nella città partenopea. Non era la prima volta che Simon si cimentava in imprese del genere. Quella notte fatale, però, ha imboccato un sentiero considerato “molto pericoloso” dagli stessi esperti di trekking. Secondo una prima ricostruzione, il 27enne, giovedì 8 agosto, dopo essere giunto a Policastro Bussentino, avrebbe dormito in tenda sulla spiaggia della Molara di Scario per poi incamminarsi lungo il sentiero su cui è avvenuta la tragedia. Poi la chiamata per chiedere soccorso e l’avvio, sicuramente non tempestivo, delle ricerche: decine di militari e di volontari, tra cui una ventina di amici del ragazzo giunti dalla Francia nel Cilento, hanno battuto il comprensorio, percorrendo sentieri, esplorando anche i tratti più impervi, tra pareti rocciose e dirupi a picco sul mare. Droni, cani molecolari, la mobilitazione degli abitanti della zona. Ma trascorsa più di una settimana, non è stato possibile localizzarlo. Gli inquirenti, basandosi sulla cella telefonica da cui è partita l’ultima chiamata effettuata da Simon, hanno definito dapprima un raggio d’azione di circa 21 km, da Maratea a Punta Infreschi, per poi restringerlo attorno al Monte Bulgheria. Poi il drammatico epilogo di una vicenda che ha tenuto con il fiato sospeso tutto il Paese. E destinata a non esaurirsi con il dolore per la perdita di una vita giovane e libera.
La Procura di Vallo della Lucania ha aperto un’inchiesta per accertare eventuali responsabilità in relazione ai ritardi e all’inefficienza dei soccorsi. “E’ bene fare chiarezza e approfondire alcuni aspetti che riguardano le operazioni di soccorso – ha dichiarato il procuratore Antonio Ricci – questo nel rispetto dei familiari e di tutti gli italiani. Insieme al procuratore di Lagonegro valuteremo la strada da percorrere”. Il procuratore ha aperto un fascicolo per omicidio colposo e ha disposto l’acquisizione di tutti gli atti del 118. Per il momento non figurano iscritti al registro degli indagati. Dalla Prefettura di Salerno precisano che “abbiamo messo in campo tutto quello che era possibile. Abbiamo fatto tutto quello che era nelle nostre possibilità con l’intervento di volontari, mezzi e reparti speciali”. Ma la tragica fine di Simon Gautier è una vicenda ancora costellata di punti oscuri e responsabilità da accertare. I primi a lamentare il malfunzionamento della macchina dei soccorsi sono stati gli amici del giovane francese: “Dalla telefonata effettuata da Simon al 118 si evince chiaramente che era partito da Policastro e diretto a Napoli. Perchè il primo giorno l’hanno cercato a Maratea?” Tempo prezioso consumato senza avere cognizione della zona in cui bisognava avviare una massiccia opera di ricerca. Che è scattata tardi e in un’area probabilmente diversa da quella dove si trovava il malcapitato 27enne transalpino. Come mai i soccorsi si sono mossi con imperdonabile ritardo? Come ha sostenuto anche la madre, la signora Godard, “che senso ha avuto attivare l’elicottero 28 ore dopo?”. E poi, ancora, perchè non si è proceduto immediatamente alla localizzazione del telefonino del giovane? Oggi, purtroppo, la zona di localizzazione di un cellulare avviene attraverso il segnale di ripetitori e si riduce a un’area di probabilità. L’Enea, l’associazione europea per il numero unico di emergenza, ha espresso rammarico per il tragico incidente, sottolineando come “questo ragazzo avrebbe potuto essere salvato se l’Italia avesse preso delle semplici misure prima”. La tecnologia aml (advanced mobile location), ad esempio, che permette di geolocalizzare le chiamate da rete mobile mediante sistema gps, delimitando l’utente in uno spazio molto più preciso, in un raggio approssimativo di cinquantina di metri. Una tecnologia che presto avremo pure in Italia. Per il momento, la procedura per localizzare le chiamate è diversa a seconda della regione o se si chiama da numero fisso o mobile. Le centrali operative non hanno accesso diretto ai dati se non attraverso un’interrogazione al Ced Interforze, il sistema informatico del Viminale. Ma in ogni caso è impossibile una rilevazione esatta ed è per questo che dai centralini richiedono sempre un indirizzo o un punto di riferimento preciso.