Un magistrato della Corte d’appello di Catanzaro è stato arrestato nell’ambito di un’indagine per corruzione in atti giudiziari coordinata dalla Procura della Repubblica di Salerno. Si tratta del presidente della II sezione della Corte d’Assise d’appello di Catanzaro, Marco Petrini. Sono otto le persone indagate nell’inchiesta della Dda di Salerno avviata nel 2018: per sette, tra cui il magistrato, il giudice per le indagini preliminari di Salerno ha disposto il carcere, per l’ottava i domiciliari.
Con lui sono finiti in manette altre sette persone: Giuseppe Caligiuri, Marzia Tassone (avvocato del foro di Catanzaro), Luigi Falzetta, Emilio Santoro (ex dirigente dell’Azienda ospedaliera di Cosenza), Giuseppe Tursi Prato (ex consigliere regionale), Francesco Saraco (avvocato del foro di Locri, ai domiciliari). Nel corso della perquisizione in casa di Petrini i finanzieri hanno rinvenuto in una busta 7 mila euro in contanti.
Corruzione in atti giudiziari in alcuni casi aggravati dall’associazione mafiosa i reati contestati dagli inquirenti. L’inchiesta era iniziata a Catanzaro, dove oggi sono stati eseguiti tre arresti, ma era stata trasferita per competenza a Salerno proprio per il coinvolgimento della toga. Il nome del magistrato arrestato si è appreso da alcune indiscrezioni, visto che la Procura della Repubblica di Salerno non ha inteso fornire particolari sull’inchiesta. Gli indagati nell’inchiesta della Dda di Salerno promettevano e consegnavano denaro, oggetti preziosi, altri beni e utilità tra le quali anche prestazioni sessuali al magistrato, presidente di sezione della Corte d’Appello di Catanzaro nonché presidente della Commissione provinciale tributaria del capoluogo calabrese, in cambio del suo intervento per ottenere, in processi penali, civili e in cause tributarie sentenze o comunque provvedimenti favorevoli a terze persone concorrenti nel reato corruttivo. Il magistrato della Corte d’appello si sarebbe prodigato per far passare al concorso per l’abilitazione alla professione di avvocato alcuni candidati donne, che ripagavano la raccomandazione con prestazioni sessuali. Nel ruolo di presidente della commissione provinciale tributaria, il magistrato Petrini avrebbe favorito, in cambio di danaro, molti contribuenti che si rivolgevano a lui per ribaltare l’esito della sentenza di primo grado. Tutta l’attività corruttiva del magistrato è stata documentata dalla Guardia di finanza con accertamenti bancari e riprese video.