È l’alba del 2 settembre, siamo nei dintorni di Foggia. Centinaia di lavoratori delle campagne si svegliano ed escono dalle loro abitazioni, che consistono in baracche fatiscenti costruite alla meglio in veri e propri ghetti che circondano il capoluogo pugliese e portano i nomi di Arena, Mexico, Gran Ghetto e arrivano fino a Cerignola e Borgo Mezzanone, e si radunano preparando striscioni e cartelli. Questa mattina i lavoratori hanno deciso di non raggiungere i campi di pomodori, nei quali lavorano a cottimo per pochi euro al giorno sotto un sole cocente nella stagione di raccolta, perché hanno deciso che è arrivata l’ora di scioperare. Le condizioni di lavoro e di vita sono sempre più insopportabili: a fronte di diritti basilari che gli spetterebbero, le persone provenienti da ogni parte del mondo (in prevalenza da paesi africani come Nigeria, Gambia, Ghana, Mali etc.) non ricevono dalle aziende agricole e dallo Stato né un’abitazione decente, né trasporti sicuri (decine di lavoratori sono morti negli ultimi anni in incidenti stradali mentre si recavano nei campi) né un documento per risiedere stabilmente e con tranquillità nel nostro paese, alla cui economia forniscono un contributo non indifferente. È per questo motivo che lo slogan del corteo che parte dai ghetti e si diffonde per le strade di Borgo Mezzanone recita proprio le parole “senza neri, senza pomodoro!”, perché è grazie alle braccia e alla fatica degli africani residenti in Puglia e nel resto del meridione d’Italia che possiamo trovare sulle nostre tavole la salsa di pomodoro. Una giornata del genere viene affrontata dai lavoratori in modo tranquillo e determinato, ci sono cori e canti anche all’insegna della goliardia. Di fronte alla reazione purtroppo non favorevole delle forze dell’ordine così come di qualche abitante della zona, i lavoratori non si fanno intimidire e proseguono lo sciopero, continuando la mobilitazione con un corteo che passa dal Centro per i rifugiati di Borgo Mezzanone e arriva tra le case sparute del paesino foggiano bloccando per tutto un pomeriggio la strada principale, fermando anche il passaggio dei camion che trasportano i pomodori. Dopo ore di trattative con la polizia si riesce ad ottenere un incontro in prefettura a Foggia per discutere di questioni importanti e fondamentali per la vita delle persone che lavorano nei campi. Alla fine di un’intensa giornata, queste sono le parole del comitato dei lavoratori raccolte dal sito di “campagne in lotta”:
“Dopo ore di contrattazione, il blocco a oltranza da parte dei manifestanti ha permesso di ottenere alcune importanti vittorie: l’accesso alla residenza agli abitanti di alcuni insediamenti, come l’Arena e Borgo Tre Titoli, fino ad allora negata, ma indispensabile per accedere ai servizi e rinnovare i documenti. La possibilità, per chi non ha il permesso di soggiorno, di effettuare una nuova domanda d’asilo e ottenere la regolarizzazione per condizioni di gravi sfruttamento. Continueremo a vegliare, e a batterci, finché l’ultima persona senza documenti ottenga il permesso di soggiorno!
Malgrado queste vittorie, le istituzioni non hanno ceduto rispetto alla volontà di sgomberare i ghetti. Ma lo sgombero non è mai una soluzione: se non vogliono i ghetti, devono dare le case!”.
La lotta, dunque, non si ferma qui, perché si prospettano altri sgomberi nelle precarie abitazioni dei ghetti e ci saranno altre mobilitazioni per portare a casa il rispetto di diritti fondamentali attualmente negati. Quello che però risulta chiaro dopo una giornata del genere, così importante per i lavoratori delle campagne del foggiano e che parla anche ai fratelli di tutto il meridione d’Italia che si trovano nelle medesime condizioni, è che importanti risultati sono stati strappati solo grazie alla lotta e alla determinazione di chi lavora nel nostro paese venendo da lontano, ricordando ogni giorno agli italiani il vero significato di parole come dignità, rispetto e solidarietà.