Un episodio significativo e suggestivo apre la serata del Monday Match in quel di Salerno: una lunga torciata organizzata e predisposta dalla curva sud, nei pressi dello stadio, illumina di granata il cammino del pullman della squadra prima che si rivolga all’entrata dei cancelli all’Arechi.
Salernitana-Spezia non sancisce solo lo scontro tra due squadre in lotta per la salvezza (seppur con una classifica ben diversa), c’è di più; oltre alla sicurezza per un futuro societario che ora ha prospettive solide, Salerno torna a parlare di Salernitana senza interferenze e dualismi di proprietà differenti.
È un ritorno embrionale a ciò che abbia fatto parte di ogni singolo tifoso; ieri siamo tornati ad emozionarci come non si faceva da una vita: gioire per due punizioni magistrali, in particolar modo la seconda esecuzione di Simone Verdi. Una doppietta su punizione all’esordio che entra di diritto nella costruzione di un immaginario futuro in cui si ripercorrerà l’almanacco granata. Personalmente, sono ritornato con la mente alla classe cristallina e pura di Giorgio di Vicino.
Per poi subire i colpi freddi ricevuti dai due rigori da parte spezzina eseguiti perfettamente da Manaj e Verde.
Un ritorno a tutto ciò che quel rettangolo verde riesce ad amplificare e a far provare ad ogni singolo tifoso: una normalità sconosciuta da tempo.
Il lieto fine non è arrivato come speravamo, come avremmo voluto che accadesse; è tanto il lavoro da fare, soprattutto nella ricostruzione tecnica: seppur con le attenuanti di una squadra rivoluzionata, Colantuono ha mostrato un’errata lettura della partita in corso nei cambi, inoltre il segno tangibile di un gioco che appaia inadatto a questi palcoscenici: c’è da porsi la domanda se davvero sia lui la guida giusta per questa folle rincorsa verso la permanenza in massima serie.
Si vive una condizione anomala: è come se il campionato fosse iniziato con largo ritardo, ben oltre le umiliazioni passate in questi mesi dove il campo è stato un’iceberg di una mancanza strutturale ormai fortunatamente messa alle spalle. Il tempo però non perdona e rende la ricostruzione dalle macerie un lavoro che non lascia spazio ad ulteriori errori: la Serie A è appesa ad un filo, bisognerà reinventarsi equilibristi: una reincarnazione calcistica di Philippe Petit per segnare una salvezza che sappia di miracolo.
Alla fine dei 90 minuti c’è un senso di amarezza che in fondo, testimonia due aspetti inequivocabili: siamo ritornati a crederci, siamo ritornati a vivere di calcio. Legandoci solo ad un episodio di quel passato ormai in archivio: a quel filo di Maggio che vide la Salernitana vincente in quel di Pescara.
La rosa vive di nuova linfa grazie alla rivoluzione del mercato di gennaio operata da Sabatini con innesti di qualità, un mix di esperienza e giovani di prospettiva, a cui si lega una costruzione osmotica con il pubblico e la città: i punti cardini su cui tracciare un nuovo inizio. Nel mentre, le lancette segnano la partenza per Genova, quella vestita di rossoblù: la Storia non attende…
(Immagine tratta dalla pagina Ultras Movement Salerno)