“Professore caro: ve la siete vista nera alla fine, o no?”
Premessa: l’attesa della partita con il Napoli ha dimostrato ancora una volta, quanto tutte le normative restrittive prese da anni ormai (tessera del tifoso docet) abbiano dimostrato tutta la loro inutilità. Per questa partita per motivi di sicurezza, la vendita dei biglietti è stata limitata ai soli residenti di Salerno e provincia. Tuttavia, essendo nella stessa provincia consistente la presenza di tifosi e gruppi del Napoli, con la chiusura del settore ospiti, il rischio di possibili contatti era alto come la tensione che aleggiasse prima della gara: fortuna che tutto ciò non sia accaduto, dimostrando la grande maturità del popolo granata.
In questa partita rivedo due aspetti che sembrano rincorrersi: orgoglio e assenza.
Partiamo dall’ultima: sugli spalti l’assenza della opposta fazione che rende il derby monco.
In campo l’assenza di Osimhen non inficia una squadra che rimane competitiva e molto più forte su ogni zona del campo rispetto alla compagine granata. In campo non è stato un massacro come preannunciato, con un risultato così ampio da sottolineare quell’ampia differenza tra Napoli e Salernitana; così come sarebbe bastata che una delle due occasioni, quella di Ribéry o quella di Gagliolo si fosse concretizzata per raccontare di una impresa compiuta dai granata:
il risultato verrà segnato da un gol di Zielinsky regalando l’intera posta in palio al Napoli.
Tuttavia, quanto orgoglio in questa Salernitana!
Una squadra che è riuscita a dare tutto giocandosela sino alla fine, con la capacità di rimanere in gara causa l’inferiorità numerica con Kastanos poi pareggiata in seguito dalla espulsione di Koulibaly: nonostante le proprie lacune, nonostante la differenza di valori in campo. Gli applausi al triplice fischio di tutto lo stadio, sono lo specchio della performance degli 11 di Colantuono. Meritati.
Allora c’è l’amaro in bocca: con una società alle spalle, con una dirigenza degna di tale nome, gennaio diventerebbe un mese cruciale per rinforzare la rosa creando i presupposti affinché la salvezza non fosse un’eventualità impossibile. Purtroppo mancando ciò che determini la stabilità e il futuro di una squadra, allora è tutto così dannatamente in salita. Pensavo a quanto i derby fossero più belli ante epopea social. Quella proverbiale e ancestrale esagerazione sugli spalti: sfottò con cori, striscioni, coreografie da parte di entrambe le tifoserie che hanno reso i nostri derby italiani capaci di essere un’attrazione al di là della posizione in classifica e della categoria. La capacità di compattare un campanilismo all’interno di 90 minuti per poi replicarlo quando sarebbe avvenuto il prossimo incontro. Ora tutto ciò sugli spalti sta diventando un ricordo; sui social, estromettendo qualche pagina di satira ben fatta, il tifoso medio sta subendo una vera regressione frutto di un analfabetismo funzionale difficile da estirpare: leoni da tastiera che ringhiano davanti ad uno schermo, sfoggiando un italiano poco superiore alla prima elementare. In questa settimana prima del match sui social: ne ho lette tante, troppe. Allora rimpiango tutto ciò che fosse prima prerogativa di un derby vissuto allo stadio, dal vivo.
Prima di immergersi nella prossima settimana dove la sfida con la Lazio sarà vista agli occhi della nazione con l’ambiguità di chi abbia avuto lo stesso presidente per anni: lasciatemi accarezzare un ricordo.
Tra i vari sfottò e punzecchiature varie che avrei voluto subire in questo 1 lunedì di Novembre, ci sarebbero state quelle del mio prof. di Italiano tifoso del Napoli.
In questo lunedì festivo davanti ad un caffè in quel di Agropoli, gli avrei chiesto :”Professore caro, ve la siete vista nera alla fine, o no?”
La risposta pungente come poche la posso immaginare, mi avrebbe fatto sorridere nonostante l’amaro in bocca del caffè e dell’esito di ieri. Alla fine il mio orgoglio non sarebbe stato intaccato, come non lo sia intaccato ora e né verrà intaccato mai da ogni forma di sconfitta: eppure caro Prof la sua assenza pesa.
A Luigi Voso.