“Milan l’è semper on gran Milan” espressione iconica nonché verso della celeberrima canzone “Lassa pur che ‘l mund el disa (ma Milan l’è on gran Milan)” di Giovanni D’Anzi appariva utilizzabile per la lettura di una partita già scritta, un risultato scontato per qualsiasi tifoso che si fosse prestato ad assistere al match e per gli addetti ai lavori del mondo calcistico nazionale: 3 punti in cassaforte destinazione Lombardia. Eppure sabato sera all’Arechi non è stato un semplice testa-coda di campionato: c’è stato molto di più in questo Salernitana-Milan.
Ad esempio, sulla panchina granata siede Davide Nicola alla sua prima gara ufficiale con la Salernitana: in campo si è sentita la sua presenza.
Perché oltre le singole prestazioni eccellenti, c’è stata una coralità di gruppo capace di segnare un cambio di registro evidente: una squadra che gioca, propositiva, coraggiosa, capace di scendere in campo e saperci stare.
Una rivoluzione mentale ben oltre il piano tattico.
I gol sono gli apici di una squadra cosciente che non ci sarà mai partita così ostica da rinunciare a lottare per raccogliere punti fondamentali al raggiungimento di una salvezza così complessa.
Primo tempo: sotto di un gol, Mazzocchi si invola sulla fascia pennellando un cross al centro che vede il gigante bosniaco Djuric anticipare Maignan in uscita, sponda di testa per Bonazzoli che in area, con una rovesciata firma il pareggio; nulla può la deviazione di Hernández che spinge il pallone dentro la propria porta.
Lo stesso autore del gol, nel secondo tempo, scarica al limite dell’aria sulla fascia verso Mazzocchi, l’ex Venezia crossa in mezzo per Djuric che anticipa Tomori e segna il gol del 2-1. Vero dopo seguirà il pareggio di Rebic per il definitivo 2-2, eppure quel gol del momentaneo vantaggio granata spezza un incantesimo; la Salernitana può giocarsela contro tutti, consequenziale che si scenda in campo per vincere: non chiudendosi per poi sperare in un passivo meno umiliante.
Il testa-coda non ha emesso il banale esito scontato: in Lombardia i rossoneri son tornati con un misero punto. Tuttavia il verso di D’Anzi è stato rispettato: ad essere grande, sabato sera, è stato Milan, sì ma Milan Djuric.
Aver accarezzato la vittoria contro il Diavolo, quello formato da calciatori come Leao, Hernández, Giroud fa si che il triplice fischio abbia il suono di un rimpianto per quello che sarebbe potuto essere se non ci fosse stato il gol di Rebic.
In casa granata, l’unione di intenti tra tutte le componenti è tangibile: nell’esultanza dei due gol da parte di tutta la squadra, compresi coloro che stavano in panchina; il fare gruppo di tutti i calciatori stringendosi a cerchio in campo a fine partita insieme al mister, dove non è passata indifferente, l’espressione di carica e grinta da parte di Nicola rivolta a coinvolgere la Sud; testimonianza di una leadership di cui si son visti gli effetti sin dai pochi giorni dal suo arrivo. Sono fattori positivi che vanno ad aggiungersi alla prestazione e al risultato. Questo weekend si è parlato di noi, in tutto lo Stivale, non più come vittima sacrificale, bensì come una squadra capace di fermare una pretendente alla lotta scudetto: il petto si riempie d’orgoglio, la dignità è salva. La Salernitana è viva e lotta: l’Arechi non sarà più lo scenario di vittorie ospiti nette e preannunciate. Non sarà più terra di conquista ancora prima del fischio iniziale. Non lo sarà più per nessuno.