La bruciante sconfitta rimediata in Emilia-Romagna, nella sfida trasformata in un referendum su Salvini, non ha sortito effetti benefici per una coalizione, quella di centrodestra, che ha avuto comunque il merito di protrarre la contesa fino all’ultimo in una regione saldamente nelle mani della sinistra dal dopoguerra. Il segretario della Lega, criticato da alcuni partner della coalizione per la conduzione della campagna elettorale, spregiudicata e senza limiti, è già proiettato agli appuntamenti di primavera, il voto in sei regioni. Nella sua campagna elettorale permanente, l’ex inquilino degli Interni, però, deve fare i conti con le pretese degli alleati. Dei Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, innanzitutto, in ascesa nel panorama politico della destra, in crescita ovunque e in procinto di chiedere un vertice per riaggiornare le candidature passando all’incasso (i discendenti di An puntano quantomeno a confermare la scelta dei candidati nelle Marche e in Puglia). Poi c’è Forza Italia, ringalluzzita dalla vittoria in Calabria, seppur in Emilia-Romagna le percentuali ottenute dal partito di Berlusconi (2,6%) evidenziano ormai un tracollo inesorabile al Nord.
Se il vento leghista spira con una certa insistenza al Nord, è al Sud che si concentrano i dubbi di Salvini. I candidati indicati dagli alleati, Fitto in Puglia e Caldoro in Campania, sono ritenuti deboli, esponenti di una vecchia politica in antitesi con la narrazione populista dell’uomo nuovo e forte al comando (seppur al Sud, contrariamente, il ceto politico leghista è frutto di un riciclo da prima Repubblica, e la propaganda s’innesta esclusivamente sulla figura di Salvini). Le prime avvisaglie si erano registrate alla presentazione del nuovo organigramma provinciale del partito leghista, tenutasi domenica al Polo Nautico di Salerno, quando i leghisti avevano dichiarato che “Caldoro è soltanto uno dei possibili candidati”. “Caldoro e Fitto sono candidati perdenti”, ha sibilato ieri il frequentatore del Paapete, che sbarcherà a Napoli il 18 febbraio per una iniziativa contro De Magistris e De Luca. E dunque via alle grandi manovre, agli intrecci di partito, alla spartizione delle candidature. La Lega in Campania cerca una sponda in Fdi, e circola già il nome di Edmondo Cirielli come possibile alternativa a Caldoro.
Berlusconi e Meloni, nel frattempo, hanno alzato le barricate. L’ex premier considera Napoli e la Campania una linea del Piave, al di sotto della quale è sicuro di recitare una parte da protagonista sfruttando la pratica del voto clientelare e intercettando il consenso dei moderati restii a consegnarsi all’uomo venuto dal Nord.“Se Matteo mette in discussione Caldoro – si è lasciato sfuggire Berlusconi – allora andiamo da soli”. Giorgia Meloni, che punta a confermare la candidatura di Fitto in Puglia, ha assunto una linea analoga a quella dell’ex Cavaliere, di fatto stringendo un asse con Forza Italia per respingere le velleità di Salvini: sosterrà Caldoro in cambio dell’appoggio di Fi a Raffaele Fitto in Puglia.
E i sondaggi, vero motore delle scelte di una politica affamata di consenso? Registrano un calo della Lega su base nazionale, come prevedibile dopo la sconfitta in terra emiliana. A differenza di Fdi, che continua crescere parallelamente all’alto gradimento degli elettori di centrodestra (e anche di una fetta consistente di moderati) per la leader Giorgia Meloni. Un altro degli aspetti su cui si giocherà la partita.